
Chi vince e chi perde al gioco del Mes? Le puntate, parlando dell’Italia, sono però soltanto virtuali di chi non ha soldi veri. Anche perché, obiettivamente, il Mes è un po’ come le scatole cinesi: aperta la precedente, c’è sempre una sorpresa da scoprire in quella successiva. Dentro al primo scatolone Mes, ci sono gli Omt e poi la Banca centrale europea. Ovviamente, tutti legati tra di loro in base ai Trattati europei da noi... liberamente sottoscritti e puntualmente ratificati dal Parlamento italiano. Lecito pentirsi con il senno di poi. Ma, allora, non bisognava fare il gioco delle tre carte con le nostre opinioni pubbliche. Il Mes non è un giochino aperto da cui si esce facendo pari e patta tra quanto scommesso e con le somme ricavate. Questo perché, semplicemente, non ci sono pasti gratis. E bisogna smetterla di credere alle fiabe: il ricorso agli strumenti citati (Mes, Omt, Eurobond), comunque sia, è destinato ad aumentare il nostro debito pubblico. L’unica cosa da trattare, in ogni caso, sono i tempi di restituzione di quel debito e il tasso di interesse applicato che, per darci un aiuto concreto, deve essere inferiore a quelli di mercato. Gravano poi per quota parte in deficit sul nostro bilancio tutte le proposte che vengono da Bruxelles (Ursula von der Leyen e Christine Lagarde) per l’emissione di titoli, garantiti in qualche modo dalle istituzioni finanziarie europee come la Bei. La solidarietà europea e le condizioni capestro interverrebbero soltanto in caso di default a seguito dell’insostenibilità del nostro debito pubblico, cui non dovremo però arrivare né ora né mai.
Parlare di Piano Marshall significa non prendere le cose sul serio, dato che quello del 1949 era costituito da donazioni (a fondo perduto da non restituire) all’80 per cento! Cioè, erano pasti gratis per un’Europa rasa al suolo che non aveva modo di risollevarsi senza quegli aiuti. Ma oggi? Chi dovrebbe sostituire gli Usa nel ruolo di Pantalone? La Germania? Non scherziamo. Piuttosto, rispondiamo al quesito: quale Italia vogliamo nel post-coronavirus?
Dico la mia visione. Innanzitutto, scegliamo da subito il modello tedesco di territorializzane della sanità pubblica, finanziata dall’assicurazione obbligatoria, sottraendo la competenza relativa alle Regioni. Per tutta la Pubblica amministrazione, ripeto, occorre poi un reclutamento aperto, indipendente e unico sul piano nazionale attuato per merito selettivo da parte di una istituzione esterna e autonoma, che curi le graduatorie dalle quali tutti gli enti debbono attingere sulla base dei posti e incarichi disponibili, in modo che, per esempio, la nomina dei vertici amministrativi della sanità pubblica venga totalmente sottratta alla discrezionalità politica. Parallelamente, con risorse pubbliche di pari ordine occorre costruire le dorsali informatiche per la banda larga e larghissima, in modo da poter mettere online tutta l’alta formazione superiore e universitaria e trasferire interamente in smart working l’intero modus operandi della Pubblica amministrazione centrale, regionale e locale. Questa misura, una volta completata, decongestionerebbe tutte le città dal traffico urbano indotto dalla presenza territoriale di uffici amministrativi, facendo risparmiare ai contribuenti miliardi di ore perdute di lavoro all’anno a causa delle file agli sportelli.
Tra l’altro, per evitare le gigantesche perdite di danaro causate dalla miriade di attività della P.a. dilapidate in auto-amministrazione, la prima mossa liberatoria è quella di fare tabula rasa dell’enorme rete di trappole tese da una legislazione folle che ha prodotto centinaia di migliaia di norme astruse, contraddittorie e di fatto inapplicabili che hanno dilatato a dismisura lo spazio discrezionale della Pubblica amministrazione.
Lo smart working depurato da tutti questi veleni normativi diverrà allora la panacea, in quanto anche la minima azione di ciascun operatore rimarrà tracciata e tracciabile, rendendo difficilissime le pratiche corruttive, perché tutti debbono poter vedere on-line che cosa combinano lo Stato e gli enti territoriali. Da qui nascerebbe poi la vera, grande rivoluzione della nuova Era, in quanto qui in Italia consentirebbe l’abbandono delle megalopoli e delle architetture verticali (orribili e opprimenti) per andare a ricolonizzare e rivitalizzare il fittissimo network di borghi storici, riconciliando gli abitati con la campagna e il territorio circostanti, in quanto ad esempio gli orti urbani sarebbero ben più vicini del famoso km-zero! In più, lo smart working consentirebbe ben maggiori cure parentali, grazie all’autorganizzazione del tempo di lavoro e al tracciamento obiettivo del risultato in capo a ogni singolo operatore, indipendentemente dal suo livello funzionale. Chiamiamola Operazione La Fenice.
Aggiornato il 17 aprile 2020 alle ore 12:18