
Giorno dopo giorno nel Paese si va creando un clima insidioso per via di un governo e di una maggioranza che continuano a dividersi, sbandare, rimandare, delegare al tecnico, al commissario di turno; tutte decisioni che spetterebbero solo alla politica. Come se non bastasse, si è generata una spaccatura moralmente inaccettabile tra quella parte degli italiani garantiti e l’altra che rischia il fallimento, la chiusura, la mancanza di sostentamento famigliare e della capacità di andare avanti.
Insomma, parliamoci chiaro, come è possibile che il governo non si renda conto che non sia giusto scaricare il dramma della crisi esclusivamente addosso al privato, mentre quello pubblico che almeno in parte genera una spesa superflua viva come se niente fosse. Per farla breve, sono anni che si parla di enti inutili, di spesa allegra per carrozzoni scaldapoltrone, per organismi duplicati per clientelismo elettorale, di dipartimenti statali che non servono, di municipalizzate in perenne deficit di bilancio e di servizio.
Sono anni che si parla di burocrazia asfissiante e penalizzante che pesa sul bilancio e non restituisce alcun vantaggio semmai il contrario, anni che vengono alla luce furbetti, finti malati, finti tonti del cartellino, uffici statali con i nomi più impensabili dove si passa il tempo e basta. Come sono anni che si parla della casta piena di privilegi, garanzie, vantaggi economici, stipendi d’oro, compensi inusitati e che nonostante libri, inchieste, reportage e cosi via è rimasta e resta immune da ogni sacrificio o ridimensionamento.
Con la scusa dei diritti acquisiti di cui la Costituzione non parla, perché a parte gli inviolabili tutto il resto è modificabile, sia in punta di diritto e sia di buon senso, nulla di concreto è mai stato fatto se non pannicelli caldi. Ci riferiamo a quel poco sulle pensioni d’oro, al tetto salariale per alcuni dirigenti, al contributo di solidarietà per alcune fasce; insomma, provvedimenti parziali che seppure utili sono distanti anni luce da una riforma dell’apparato pubblico, della spesa.
Sulla spending review si è intervenuti dove non si doveva a partire dalla sanità, mentre su tanto altro che ci costa un’eresia si è sorvolato per trascuratezza e un bel po’ d’ipocrisia politica. E siamo ad oggi, nel mezzo di una crisi drammatica, col sistema privato produttivo che rischia il collasso, con milioni di italiani che non vivono di bonifico statale ma di sacrificio personale, di rischio imprenditoriale, di saracinesca aperta o chiusa, che devono pagare le tasse e i costi della spesa.
Parliamo di Partite Iva, autonomi, artigiani, aziende grandi o piccole, liberi professionisti, saltuari, precari, commercianti, dipendenti di imprese private, il polmone dell’Italia che produce, che sta vivendo l’incubo del posto, del mensile, del futuro, della liquidità per andare avanti. Ebbene, di fronte ad una tragicità da togliere il sonno, che rischia di bruciare i sacrifici di una vita, a tutto si è pensato da parte della maggioranza, anziché a cogliere l’occasione per trasferire almeno temporaneamente un po’ di sicurezza del pubblico verso il privato. Non si è pensato a tagliare solo per quest’anno stipendi da nababbo, pensioni da nababbo, compensi da sceicco, appannaggio di manager da bengodi, stipendi mensili che in questa fase fanno gridare allo scandalo, compresi quelli dei parlamentari nazionali, regionali ed europei.
Non si è pensato di farlo nemmeno come esempio di partecipazione morale e fattuale alla disperazione di tutto il resto del Paese, eppure in questi anni, dal Governo Renzi in poi, solo fra bonus, aumenti, concessioni, quota 100 e così via si sono impegnati decine di miliardi di euro di spesa. Per non dire delle spese militari, della cooperazione, dei finanziamenti a pioggia per enti che a pronunciarne il nome viene l’orticaria, una marea di miliardi che continuano a correre mentre si va in Europa col piattino, si rischia il Mes, si centellina e ritarda la liquidità per fronteggiare la crisi.
Eppure, se si intervenisse su tutto ciò e in via temporanea, si avrebbero a disposizione ad invarianza di bilancio decine di miliardi da dirottare dove servono subito per evitare il tracollo economico dell’intero sistema. Si darebbe non solo l’esempio della condivisione, della spartizione dei sacrifici, del veramente tutti insieme per ripartire, ma ci si svincolerebbe dall’incubo dell’aumento del debito, dei parametri di rating, della collocazione a tassi e costi crescenti, si potrebbe tamponare l’emorragia.
E se assieme a tutto ciò si seguisse la proposta di Mario Draghi, di Giulio Tremonti e altri, di una emissione di titoli a latere per gli italiani come prestito volontario fiscalmente vantaggioso e magari in grado di circolare come fosse una sorta di cambiale a lunghissima scadenza, si otterrebbe l’ulteriore liquidità da iniettare all’economia reale. Per farla breve, se si volesse ci sarebbe il modo d’intervenire senza pietire con l’Europa col rischio di finire incastrati dai patti e dai vincoli, oppure di soccombere per necessità a condizioni capestro, oppure di fare la figura di chi sappia solo sperperare la flessibilità concessa.
Del resto, se non ora quando? Se non si interviene con misure eccezionali da Stato di guerra in questa occasione, quando? Se non si ha la forza di tagliare, trasferire a tempo almeno una parte della spesa adesso, quando? Qui si tratta della vita o della morte di interi segmenti produttivi ai quali seguirebbe una carestia biblica e drammatica, per non dire peggio.
Perché non farlo? Provarci almeno? Tentare una strada possibile e alternativa all’espansione di un debito che è già stellare? Forse saremo polemici, critici a prescindere, quello che volete, ma in un momento tale per noi il silenzio, la condivisione remissiva, la soggezione taciturna e basta sembra una diserzione che fa male e guasta. Insomma la proposta, il suggerimento, la critica e il si può fare è sempre meglio del semplice subire le scelte e le soluzioni di chi, come tutti, non è l’oracolo e può sbagliare. Eccome.
Aggiornato il 17 aprile 2020 alle ore 15:05