Senza la sponda russa l’Ue rischia il declino

L’Unione europea e l’Italia hanno bisogno anche della Russia, soprattutto in tempi di Covid-19.

Nei giorni scorsi il quotidiano La Stampa ha pubblicato alcuni articoli bomba in cui ha disvelato dei fatti mediaticamente molto impattanti. Secondo il quotidiano di Torino, gli aiuti che il governo russo ha dato all’Italia mediante la fornitura di apparecchiature sanitarie per bonificare dal coronavirus alcune residenze per anziani, impiegando personale medico militare lo scorso 22 marzo, sarebbero, da un lato, del tutto inutili e, dall’altro, non sarebbero propriamente “disinteressati”, nel senso che nasconderebbero rischi di intrusione nei sistemi di sicurezza Nato.

Tali articoli hanno suscitato, prima, la garbata ma dura risposta dell’ambasciatore russo in Italia Sergey Razov e, dopo, la ancor più dura reazione del portavoce del ministro degli Esteri di Mosca Igor Konashenkov, che hanno accusato il quotidiano di aver raccontato fatti destituiti di fondamento e pregni di “Russofobia”. La risposta del portavoce del ministero degli Esteri è stata talmente dura da provocare una controreplica del sindacato Fnsi che ha ravvisato, nei termini impiegati, una minaccia alla libertà di stampa.

Da ultimo, sulla delicata questione, è arrivato anche il governo italiano che, con una nota interministeriale congiunta Esteri-Difesa, ha posto fine alla polemica tra il governo russo ed il quotidiano torinese, ringraziando la Russia per gli aiuti forniti, ma sottolineando che, in questo paese, la libertà di stampa è un fondamento irrinunciabile. È evidente che si tratta di una questione molto delicata, occorre prudenza e solo gli accadimenti futuri potranno eventualmente delinearne meglio i contorni.

Tuttavia, se “La Stampa”, diretta da un giornalista serio come Maurizio Molinari, prende una simile posizione, adombrando l’ipotesi che militari russi siano entrati nelle residenze sanitarie, non per ripulirli dal Covid-19, ma per effettuare operazioni di “intelligence” mettendo a rischio la sicurezza Nato, vuol dire che le “fonti giornalistiche” citate nell’articolo sono state ritenute attendibili sia dall’estensore dell’articolo e sia dal direttore responsabile.

Quindi, sebbene sia comprensibile la dura reazione da parte della Russia data la delicatezza dei contenuti, tuttavia, è chiaro anche che, se l’articolo si basa su fonti verificate, il giornalista non può e non deve fare altro che pubblicarlo. Può piacere o meno ma queste sono le regole di un comprensibile “gioco delle parti” e solo il tempo ed gli eventuali sviluppi giornalistici potranno rendere la questione più intellegibile.

È evidente che il lettore è libero di farsi la propria opinione del fatto, dipende dal grado di conoscenza e dallo spirito critico variabile in ognuno di noi. Tuttavia, la prudenza è d’obbligo perché, da un lato, è indiscutibile che la Russia ci stia aiutando in un momento di grande difficoltà, dall’altro, c’è comunque un importante quotidiano nazionale che ha fatto alcune rivelazioni che riguardano i rapporti tra l’Italia e la Russia. Rapporti che, peraltro, sono notoriamente buoni e consolidati nel tempo ed è difficile immaginare che verranno messi in crisi dal duro scontro tra La Stampa e la Russia.

In proposito, il Consiglio europeo, il 20 giugno 2019, ha nuovamente rinnovato, per un anno, le sanzioni applicate alla Russia nel 2014 per non aver rispettato il Trattato di Minsk, stipulato in seguito all’annessione della Crimea da parte del governo centrale di Mosca. Senza scendere nel merito dei motivi che, a suo tempo, hanno determinato la concreta adozione di queste sanzioni, va precisato che le medesime hanno generato delle “ricadute” che hanno comportato il divieto per gli Stati aderenti alla Ue, tra cui, ovviamente, l’Italia, di intrattenere rapporti commerciali con la Russia. Essendo, però, diventata, nel tempo, la Russia uno dei nostri principali interlocutori in molti settori del mercato interno, queste sanzioni si sono tradotte in perdite che ammontano a parecchi miliardi di euro e che sono direttamente riconducibili alla mancata esportazione dei nostri prodotti sul mercato russo.

Un esempio importante è quello del settore agroalimentare, in cui, secondo la Coldiretti, il costo medio delle mancate esportazioni dei nostri prodotti è pari a 18 miliardi di euro in sei anni, cioè, da quando si è bruscamente interrotta la domanda di prodotti agroalimentari a causa delle “ripercussioni” alle sanzioni applicate alla Russia. È evidente, quindi, il danno all’economia italiana, anche perché l’agroalimentare non è certamente l’unico settore ad averne risentito.

Inoltre, poiché le restrizioni coinvolgono anche gli altri paesi aderenti, secondo un pregevole studio dell’Ispi del gennaio 2019, l’Unione europea, nell’arco temporale tra il 2014 ed il 2018, “ha perso circa 80 miliardi di euro per mancanza di esportazione verso il mercato russo”, mentre, sempre secondo il citato studio, “le sanzioni non hanno avuto effetti negativi per l’economia russa, almeno con diretto riferimento alle esportazioni che sono rimaste sostanzialmente stabili”. Questo perché, evidentemente, il blocco imposto alla Russia ha indirettamente favorito proprio il principale competitor dell’Unione europea e, cioè, la Cina, nel cui mercato la Russia, anche per ragioni di contiguità spaziale, ha dovuto necessariamente incrementare la propria bilancia commerciale in seguito alle misure imposte dal Consiglio europeo.

Ancora, le sanzioni hanno avuto ricadute anche nel settore turistico poiché è progressivamente diminuita anche la presenza negli stati europei di turisti provenienti dalla Russia.

Va aggiunto che le misure sanzionatorie sono state applicate e rinnovate in tempi “normali”, ma adesso la normalità è un lontano ricordo, perché abbiamo un nemico in più con cui fare i conti e, cioè, il coronavirus che, attraverso l’emergenza sanitaria, sta letteralmente mettendo in ginocchio l’economia italiana ed europea. Questa situazione di emergenza sanitaria ed economica potrebbe suggerire una rimozione o, almeno una parziale attenuazione, delle sanzioni imposte alla Russia, anche perché potrebbe consentire il ripristino di nuovi canali di approvvigionamento economico alle aziende europee già fortemente colpite dalla crisi economica, destinata a peggiorare rapidamente.

Detto ciò, va aggiunto che sono già passati sei anni da quando le misure sono state applicate, quindi, un arco temporale anche “congruo” per poterne almeno discutere seriamente. In effetti, il ripristino totale, o anche graduale e parziale, degli scambi commerciali con il partner russo, potrebbe convenire ad entrambe le parti, alla Russia, certamente, ma anche alla Ue perché potrebbe consentire a molte aziende di ripristinare l’export drasticamente ridotto.

In periodo di Covid-19, c’è bisogno di unità non sono a livello nazionale, ma anche a livello internazionale e dal canto suo, la Ue deve utilizzare tutti gli strumenti a disposizione, a partire da quelli sollecitati da Mario Draghi alla Bce con interventi massicci sulla liquidità per la “zona euro”. Inoltre, come facilmente prevedibile, si avvia ad essere respinta la richiesta italiana di emissione di Eurobond extra Mes, auspicabili dall’eccezionalità pandemica, infatti, l’Eurogruppo, il 9 aprile, ha annunciato lo “stanziamento” di 500 miliardi di euro per far fronte all’emergenza nei paesi della “zona euro”.

Al di là del fatto che “l’Eurogruppo” è solo una riunione informale e, quindi, non è in condizioni di decidere nulla di definitivo, tuttavia, è abbastanza evidente che questa cifra non servirà, atteso che si tratta un importo di poco superiore ai 450 miliardi di euro già nella disponibilità del fondo contenitore cosiddetto “Salva Stati”, che, a giudizio di molti analisti, avallati dal quotidiano tedesco “Der Spiegel”, non sarebbero bastati, da soli, per “salvare” l’Italia, quindi, difficilmente 500 miliardi di euro potranno “salvare” l’intera “zona euro”.

Quindi, c’è bisogno anche di ulteriori interventi e tra queste nuove misure potrebbe esserci spazio per la riapertura delle relazioni commerciali con la Russia, chiuse in un momento storico ormai lontano anni luce dal nuovo contesto storico ed economico che stiamo vivendo in questo momento. Infine, la Russia è, fino a questo momento, uno dei paesi meno colpiti dal coronavirus, sia in termini di contagi sia in termini di deceduti, avendo registrato soltanto 106 vittime, ma anche lì la “guerra” al virus è ancora in corso di svolgimento, come in ogni altra parte del mondo.

Il superamento delle sanzioni e del conseguente blocco economico potrebbe contemperare interessi dell’Italia, della Russia e dell’Intera Unione, perché nell’Europa devastata dal coronavirus c’è bisogno di tutti, anche della Russia, con la speranza che l’allarme lanciato dal quotidiano “La Stampa” possa essersi, nel frattempo, ampiamente ridimensionato.

Aggiornato il 14 aprile 2020 alle ore 15:46