
Quale sia il modello copiato da tutto il mondo dovrebbero spiegarlo, perché c’è da spiegare a 62 giorni dalla dichiarazione dell’emergenza nazionale, con quello che vediamo. Sia chiaro ci riferiamo al sistema paese, alla gestione amministrativa, alle leggi, all’organizzazione dello Stato, a quella dimensione pubblica che dovrebbe essere di servizio e che invece si trasforma in un supplizio, in una stortura e talvolta una tortura.
Ovviamente il commento non riguarda quei settori che sempre hanno dimostrato una capacità eroica d’insieme, un impegno collettivo straordinario, parliamo dei medici, infermieri, operatori sanitari, forze dell’ordine, volontari, parliamo dei vigili del fuoco ricordando per esempio i terremoti. Insomma di chi ogni volta che c’è stato bisogno, un allarme generale, una calamità, ha dato prova di una volontà, capacità e abnegazione da essere l’orgoglio vero della nazione.
Noi ci riferiamo alla burocrazia, al quel complesso di poteri e di organismi, di enti e apparati, di strutture e uffici, poltrone e posti, messi in piedi a dismisura nel corso di decenni di politica scellerata e clientelare che ha devastato i conti. Ci riferiamo al governo perché la guida di un paese non è solo l’esercizio di un potere ma la funzione di un dovere verso i cittadini, l’esempio di una direzione politica chiara, sicura, con una strategia che garantisca il bene e la tutela dell’interesse collettivo.
Ebbene da noi il 31 gennaio fu dichiarata l’emergenza nazionale per il virus, un allarme sanitario straordinario che avrebbe dovuto sottintendere una predisposizione preventiva eccezionale in grado di fronteggiare ogni evenienza tanto ospedaliera quanto quella finanziaria e conseguente. Perché sia chiaro quando si lancia l’allarme per una tempesta in arrivo, per quanto forte e inaspettata, ci si attrezza, ci si prepara, si predispongono armi e munizioni, strumenti di difesa e di contenimento, si allertano tutti ai posti di combattimento.
Qui non si tratta di esagerazione, si tratta di prevenzione, esattamente quella che è mancato a seguito dell’allarme, ecco perché ci ritroviamo passati due mesi a combattere con le mascherine, i ventilatori, l’avviamento degli ammortizzatori, il sostegno all’economia reale, il tilt dell’Inps. Ci ritroviamo a combattere con moduli e interpretazioni, stanziamenti per approssimazioni, balletti di cifre, decreti in successione, black out della pubblica amministrazione, interventi poco chiari sulla costituzione, annunci quotidiani alla popolazione.
Tanto è vero che non passa giorno senza una protesta dei disservizi, delle mancanze, della richiesta di supplenze, di titubanze sugli impegni di spesa per il sostegno, l’assistenza e soprattutto la ripresa successiva, si naviga a vista sperando che l’Europa esista e che ci assista, che illusione. Ecco perché scriviamo quale sarebbe il modello da invidiare, visto che il lockdown è partito in Cina, e da noi prima di essere applicato c’è voluto uno scontro con le regioni più colpite e l’appello più accorato della comunità scientifica, altrimenti saremmo rimasti agli aperitivi coi cinesi.
La realtà è che stiamo fronteggiando il dramma, che supereremo certamente, perché c’è stata una risposta eccezionale, dei medici, degli ospedali, degli operatori dei soccorsi civili, dei volontari, dei donatori, delle forze dell’ordine, dei territori e dei rappresentanti, dei cittadini. C’è stato un impegno smisurato a correre ai ripari da parte dei sanitari, di una catena di solidarietà italiana, l’unica che ci invidiano ovunque, perché gli italiani a parte quattro imbecilli che vanno colpiti per direttissima, hanno capito e reagito bene nonostante la confusione e l’impreparazione del governo e della pubblica amministrazione, altroché modello.
E allora se sbagliare è umano ora serve che l’esecutivo dia un segno positivo di reazione, interpretazione delle necessità, scavalcando ogni legge di cui si nutre la burocrazia, ogni vincolo assurdo dell’amministrazione, per dare subito a tutti il necessario e lo straordinario, in mezzi, risorse, strumenti e facilitazioni, liquidità, fiscalità, agevolazioni. Così come per decreto si sono sospese in una notte alcune libertà costituzionali, altrettanto bisogna sospendere quelle burocratiche, di carte, certificazioni, moduli e passaggi, rendendo disponibili gli aiuti a semplice domanda, anzi all’annuncio, visto che di annunci ne sentiamo a iosa. Per farcela il paese ha bisogno di tutto e subito, non per dosi, dal credito a costo zero, all’eliminazione di una parte delle tasse, al blocco istantaneo di mille adempimenti, insomma se da una parte si è tolta liberta da quell’altra bisogna aumentarla in modo esponenziale per favorire la ripresa.
Non c’è più tempo, questa è la sfida, aspettare gli eventi, l’Europa, il cambio di stagione, sarebbe imperdonabile, esiziale, se vogliamo davvero che non finisca male.
Aggiornato il 02 aprile 2020 alle ore 11:01