Non mancano gli annunci ma molto altro ancora sì

Piuttosto che pensare alla storia e contare su un’Europa ipocrita e fasulla, Giuseppe Conte farebbe bene a potenziare le decisioni rispetto a una crisi per cui la scusa dell’impreparazione dovuta all’imprevisto non tiene. Perché sia chiaro mentre sul virus, la velocità di propagazione e la sua aggressività, l’inesperienza ci può stare, sull’economia e sul  menefreghismo dell’Europa si sapeva tutto e bene.

Infatti l’economia molte volte ha presentato il conto di crisi gravi, gravissime, anche recenti, basterebbe pensare alle due torri, ai subprime, senza citare quelle più lontane, insomma dalle guerre, alle bolle speculative siamo passati attraverso esperienze significative e dure. Ecco perché l’impreparazione, la sottovalutazione dei mezzi e delle risorse da mettere in campo, nel nostro caso, non sono figlie di una circostanza ignota, ma di una inadeguatezza conclamata.

Del resto parliamoci chiaro, già in autunno quando del virus non c’era ombra, sulla finanziaria ne abbiamo viste di cotte e di crude, annunci, smentite, metti e leva, tassa questo oppure quello, togli l’Iva o aggiungi l’Iva, un teatrino sull’economia da rasentare la parodia. Eppure, virus a parte, già da allora gli indicatori annunciavano un 2020 difficile, una flessione della produzione col rischio recessione, per farla breve una stagione che avrebbe richiesto una Manovra espansiva e fiscalmente coraggiosa per stimolare crescita e ripresa.

Al contrario questo governo ci ha scodellato dopo il teatrino di cui abbiamo parlato, una Legge di Bilancio tasse e manette, uno sperpero di risorse per bonus, incentivi elettorali e la conferma degli sprechi precedenti a partire da quota 100. Per farla breve una Finanziaria criticata non solo dalle opposizioni, ma dalle associazioni di categoria, da molti esperti d’economia e da una parte della maggioranza stessa, quella dei renziani, al punto d’ arrivare più volte sull’orlo della crisi dell’esecutivo.

Ecco perché diciamo che le esitazioni di questi giorni, le sottovalutazioni, le cifre inadeguate che vengono cambiate in continuazione, le scelte confuse, gli impegni per successive approssimazioni, non sono figlie della eccezionalità del caso ma della inadeguatezza che era nota. Oltretutto sembra che i provvedimenti al posto di una cura shock, siano protesi a soddisfare qualche segmento elettorale che sta più a cuore, piuttosto che il Paese intero, una medicina a dosi che trascura l’importanza del lavoro autonomo, le Partite Iva, gli artigiani e le microimprese.

Qui non si tratta di procedere per tentativi, per aggiustamenti successivi, siamo di fronte ad una crisi catastrofica tanto forte da spingere a decidere tra la vita e la morte dell’economia, ecco perché ha ragione Mario Draghi a dire che serve di aumentare il debito per quanto necessario, punto. Altroché annunci sul giudizio della storia, su qualche centinaio di milioni per i comuni che sono 8mila, basterebbe fare la divisione per capire la minuzia della cifra da gestire, oppure dei 4 miliardi quasi a far credere che siano in aggiunta quando parliamo di un importo già stanziato e anticipato.

Manca una strategia, un obbiettivo, manca la contezza dell’importo da disporre subito per le aziende, una cifra più che doppia dei 50 miliardi ai quali siamo arrivati grazie alle proteste, manca un’idea di come recuperare ulteriori risorse sottraendole agli sprechi, manca la leva fiscale, gli investimenti, le agevolazioni automatiche, manca soprattutto il tempo zero tra dire e fare. Perché sia chiaro, per reperire risorse da impiegare oltre al debito, si potrebbe intervenire sugli sperperi della Finanziaria, i bonus, quota 100, il cuneo fiscale, gli aumenti contrattuali agli statali, parliamo di decine di miliardi per utilizzi più necessari eccome.

Eppure nemmeno un accenno, una proposta di storno che sarebbe doverosa in una emergenza che vede il Paese diviso tra il settore pubblico che non rischia né il posto né lo stipendio e quello privato che rischia l’osso del collo, la chiusura e il fallimento, perché? Perché si chiede un sacrificio grande solo a una parte, quando dall’altra, quella statale si continuano a pagare cifre e stipendi da paura, dagli alti burocrati ai super manager, dai super dirigenti ai board di tutti gli enti, d’aziende e organismi spesso inutili, perché?

Perché scopriamo solo ora la follia della burocrazia che in decenni abbiamo ingigantito solo per sfruttare l’onda elettorale e in pieno allarme ci accorgiamo di quanto sia nociva al punto di fare provvedimenti che la sterilizzino, dunque a che serviva e quanto costava? Delle due l’una se siamo costretti ad emanare decreti che impediscano di nuocere alla burocrazia, o la eliminiamo tagliando spese, uffici e dipartimenti, oppure siamo stati così incoscienti da gravare il bilancio del Paese di spese assurde e controproducenti.

Da ultimo le tasse, c’è poco da aver paura che senza non si possa fare fronte all’esercizio pubblico, perché in mancanza di uno stimolo eccezionale di riduzione e semplificazione, il Paese muore soffocato e se chiude il privato perché non ce la fa a pagare troppe tasse hai voglia a dire messe. Ecco perché serve un intervento fiscale di storno parziale degli adempimenti e non una dilazione. Per finire serve un governo che abbia una strategia chiara, sostenuto da tutti e guidato da chi abbia coraggio, rapidità competenza e conoscenza, non servono gli annunci sulla storia, meglio Mario Draghi e adesso, Tertium non datur.

Aggiornato il 30 marzo 2020 alle ore 14:39