Cambiare il decreto, punto e basta

È come se fossimo sopra un bus con al volante chi non sappia guidare, procedesse con frenate e sterzate, zig-zag, inversioni e cambiamenti di carreggiata e ci chiedessero di stare buoni senza fiatare. Ebbene, che piaccia o meno, zitti non staremo, perché ne abbiamo diritto, riconosciuto dalla Costituzione e perché contribuire al bene del Paese vuol dire proprio valutare, esaminare da diverse posizioni per suggerire alternative e soluzioni.

Insomma, sarebbe demenziale mettere in disparte tante intelligenze in grado di proporre rimedi addizionali, di fronte ad una crisi tanto grande quanto pervasiva, da richiedere invece ogni indicazione suppletiva. Del resto che il governo non abbia una capacità particolare ad affrontare i problemi dell’economia si è visto l’anno passato sulla finanziaria, per due mesi abbiamo assistito a un teatrino di annunci e smentite, di taglia e cuci, di metti e leva, aggiunte e sottrazioni, caos e confusioni.

Ecco perché diciamo al centrodestra di puntare i piedi per cambiare il decreto, qui non si tratta di polemica, oppure di alzare un polverone, si tratta del bene di tutti e della cura giusta per sostenere prima e rilanciare dopo tutta la nazione. In questo passaggio come per la finanziaria abbiamo assistito ogni giorno a dichiarazioni diverse, 3,5 miliardi, 7,5 miliardi, 10 miliardi spacciati per terapia d’urto, fase 1 e fase 2, un balletto di cifre ridicole mentre dagli esperti arrivavano indicazioni molto ma molto maggiori.

C’è voluta la protesta delle associazioni di categoria, dei sindacati, del centrodestra, per mettere sul piatto 25 miliardi che non solo sono ancora assolutamente pochi, ma che nel decreto sono spesi e indirizzati male secondo una logica come sempre assistenziale. Sia chiaro non v’è dubbio che l’assistenza serva, ma nell’economia quando si arriva al limite dell’asfissia serve il coraggio di utilizzare cifre, strumenti e leve straordinarie tali e quali alla forza della crisi, per generare una spinta alla ripresa senza limiti di spesa.

In una guerra dove si combatte per la vita e per la morte, sia contro il virus e sia contro il blocco delle attività, bisogna ricorrere a mezzi eccezionali non serve un genio per capirlo, e così come l’apparato sanitario sta offrendo una risposta straordinaria altrettanto serve per l’economia. Bisogna avere l’intelligenza ed il coraggio di muovere la leva fiscale che in questo momento è ancora più cruciale di quella monetaria, anche perché si tratta di una leva poderosa in grado di raggiungere subito ogni persona e ogni cosa, aliquote individuali e aziendali in primis.

Serve la forza non di rimandare qualche scadenza ma di tagliarla in proporzione almeno per fasce e per tutta la nazione, serve in questo momento un dispositivo emergenziale che elimini ogni pratica, vincolo, passaggio che sia, pur di stimolare l’attività e l’economia stroncando la burocraziaServe una iniezione forte di investimenti, di opere, infrastrutture da avviare saltando ogni blocco amministrativo che le possa fermare, insomma serve quel cannone nucleare di liquidità diretta e indiretta per sparare verso una recessione che si annuncia la più grande di sempre.

Ecco perché diciamo un decreto da cambiare, 25 miliardi sparpagliati utilizzati in larga parte per assistenza in parte immotivata, perché 100 euro a tutti i dipendenti pubblici come premio di presenza oltreché spreco ci sembra incoerenza visto che lo stipendio per loro è già sicuro. Il premio andrebbe dato alla sanita, alle forze dell’ordine, alla protezione civile, piuttosto a chi sta dietro una scrivania passando carte spesso controproducenti in attesa che arrivi il 27 del mese, ci riferiamo agli enti inutili, alle aziende fatiscenti e ai troppi uffici scalda poltrone e basta.

Da ultimo come trovare le risorse e come trattare con l’Europa, ebbene in certi casi al diavolo i trattati di austerity, i vincoli di un patto nato male e cresciuto peggio, gli obblighi di un’Europa franco-tedesca che se ne frega come se n’è fregata sempre di rispettarli quando toccava loro. Certo serve coerenza anche nei nostri conti, infatti abbiamo scritto che bisognerebbe stoppare quota 100, bonus, reddito e una serie di spese contrattuali che non sono vitali, comprese quelle militari sugli F-35, si recupererebbero decine di miliardi da utilizzare subito e meglio.

Ecco perché non stiamo zitti, parliamo e, proponiamo, essere uniti, remare assieme nella stessa direzione nasce da un presupposto che sia quella giusta perché se è sbagliata una alzata di scudi è sacrosanta e motivata, ce la faremo, vinceremo e a cose fatte ne riparleremo.

Aggiornato il 19 marzo 2020 alle ore 14:46