Il peso degli errori

Sia chiaro, per fare il conto delle scelleratezze precipitate sul Paese per colpa della politica, dei governi e delle maggioranze, bisognerebbe tornare indietro di decenni, ma insistere sull’obbligo d’oblio non giova, anzi è dannoso. Insomma, lo stile italiano del vogliamoci bene per soprassedere nel momento difficile ai grandi errori che presentano il conto, non solo non funziona, ma è la ragione per cui si è finiti col perseverare lasciando che il diabolico prendesse il sopravvento.

Tornando indietro nel tempo, infatti, si potrebbe stilare un elenco di scriteriatezze, opportunismi perniciosi, sviste clamorose, di peccati politici con i quali l’inconsapevolezza e l’incolpevolezza di valutazione c’entrano poco o niente. Potremmo parlare della previdenza e delle baby pensioni, della corsa scriteriata alle assunzioni pubbliche, della fornace miliardaria della Cassa per il Mezzogiorno, del costo collettivo delle banche malgestite, della proliferazione di aziende ed enti per dare poltrone e così via.

Potremmo parlare delle riforme mai realizzate per la paura di perdere consenso e dei veti dei partiti, del malaffare e della corruzione, del clientelismo, della spesa allegra e della incapacità di scelte coraggiose per il futuro. Qualcuno dirà, apposta c’è stata Tangentopoli, ma non è vero perché anche intorno a quella drammatica stagione le ipocrisie, le omissioni strane, i due pesi e due misure si sono sprecati, come si è sprecata l’occasione per cambiare tutto.

Tanto è vero che Tangentopoli ha tolto di mezzo una classe politica mirata, senza risolvere il problema dell’albero storto soffocato da uno statalismo crescente da socialismo reale che andava corretto con una nuova politica ed un nuovo establishment realista e coraggioso. Basterebbe citare Silvio Berlusconi e i tentativi contrastati in ogni modo per cambiare l’Italia attraverso una rivoluzione democratica che spingesse il sistema verso un modello di Stato più leggero, liberale e stimolante l’intrapresa senza trascurare chi stava indietro e aveva bisogno d’assistenza.

Fallita quell’esperienza, ci siamo ritrovati dentro un Paese piegato in due dal peso di uno statalismo devastante che, seppure da molti ritenuto bello, costa al privato un’eresia e se non funziona conduce all’asfissia economica e finanziaria, amplifica il debito e diventa un boomerang. Ecco perché siamo arrivati per un verso ai tagli dissennati, a partire dal peggiore sulla sanità, per l’altro ad un aumento delle tasse insostenibile sulle spalle dei privati; un combinato disposto demenziale che col tempo sta diventando esiziale.

Come se non bastasse, governo dopo governo, nessuno escluso, abbiamo continuato a sperperare male, cercando scriteriatamente di compensare tagliando dove non si doveva, aumentando il debito e la fiscalità anziché tutti gli stimoli alla produzione di più ricchezza nazionale. Abbiamo fatto finta di non vedere cosa fosse davvero Maastricht per noi e quanto fossero vitali le riforme strutturali, dalla giustizia al fisco, dalla burocrazia al sistema bancario, dal negoziato del lavoro alla previdenza complementare. Tutto come se niente fosse.

Oltretutto abbiamo scelto la via dell’obbedienza cieca ad una Ue germanocentrica che più ci isolava e limitava e più soccombevamo in cambio di tolleranze e frazionali di flessibilità su conti e previsioni in parte taroccati e in parte sballati. Non c’è stata visione del futuro, presa di coscienza che l’Europa non fosse il paradiso, che l’imprevisto esiste in quanto tale, che il Paese viene prima di un risultato elettorale, che la saggezza serve a prevedere il temporale e non il sole, e adesso siamo a pagarne le conseguenze. Tanto è vero che anche questi ultimi governi, guidati guarda caso dallo stesso premier, hanno fallito peggio dei precedenti; soldi sprecati per assistenzialismo clientelare, bonus elettorali a destra e a manca, tassa e spendi inutilmente, ecco perché adesso raschiamo il fondo del barile per la crisi. Serve il coraggio di mettere risorse ingenti molto più di 25 miliardi, serve di recuperarli dove si sono sperperati, erogati male e a troppa gente, serve la forza di riconoscere gli errori anziché fare gli eroi.

I veri eroi sono i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, le forze dell’ordine e della Protezione civile, i volontari e gli ausiliari accorsi, i veri eroi sono gli italiani chiamati a un sacrificio enorme e lungo. Ce la faremo, andrà tutto bene, stiamo a casa, non ci muoviamo fosse ancora per un mese non fa niente, supereremo questa prova e quella con la crisi e con l’Europa, dopodiché via gli incapaci e avanti tutta per un’Italia finalmente nuova.

Aggiornato il 18 marzo 2020 alle ore 15:12