E siamo a 7,5 miliardi

A ricordare che giorni fa dal governo si annunciasse una terapia d’urto di 3,5 miliardi avverso una crisi grave come questa, verrebbe voglia di mettersi le mani nei capelli: per fortuna che molti assieme a noi abbiano alzato subito gli scudi sulla pochezza. Tanto è vero che la cifra adesso è più che raddoppiata, ma non basta ancora perché, insistiamo, servirebbe almeno 3 o 4 volte tanto per scuotere con vigore una economia giunta ormai al limite del collasso. Del resto pensate voi che new deal sarebbe stato in America se, dopo il 29, Roosevelt avesse usato per l’economia il contagocce oppure il fioretto anziché le cascate del Niagara e il bulldozer inventato in quegli anni negli Usa dall’ingegnere Holt.

Certo, si dirà, ma negli States allora c’era la Fed, creata proprio perché dopo la crisi devastante delle banche nel 1907 in America ci si rese conto della indispensabilità di una banca centrale che fosse prestatore d’ultima istanza. E infatti Roosevelt utilizzò a piene mani quella tecnica che oggi conosciamo come quantitative easing per disporre direttamente e senza limiti del denaro pubblico necessario ad affrontare e sconfiggere il blocco drammatico dell’economia statunitense. Senza la Fed non sarebbe stato possibile.

Ecco perché, da sempre, siamo tra quelli che sostengono la indispensabilità della modifica dello statuto Bce affinché, piaccia o meno alla Germania, diventi una vera banca di ultima istanza in grado d’intervenire a favore dei Paesi Ue in crisi estrema, senza vincoli o veti. Come sosteniamo che, dopo 20 anni di esperienza con la moneta unica, o si capisce che il patto di Maastricht vada riscritto dalla a alla z sulla base delle esigenze comunitarie e non della Germania sottobraccio con la Francia, oppure saremo sempre subalterni a loro.

Non solo subalterni, che è già assurdo, ma in perenne fila con il numeretto in mano, in attesa di essere aiutati dalla benevolenza di chi, al contrario, pone e dispone degli assetti e delle regole comunitarie. Tanto è vero che la Francia in questi anni ha sforato a piacimento, e non di poco, i limiti del deficit tutte le volte ha voluto e senza stare in fila, come la Germania - in barba alle disposizioni - ha fatto del surplus tedesco ciò che ha preferito.

Per farla breve, tornando alla crisi eccezionale per il virus - ma non solo - che stiamo affrontando, i problemi sono due: da una parte le concessioni di flessibilità sui conti dell’Europa, dall’altra la capacità di fare subito del nostro governo. Si tratta di un combinato disposto negativo perché a fronte di quella barca di miliardi che servirebbe ora, lo diciamo senza esagerare, ci ritroviamo per un verso alla lesina di qualche decimale di flessibilità e per l’altro alla mancanza di coraggio di un governo abborracciato.

Qui non si tratta di essere all’opposizione di una maggioranza che non condividiamo dall’inizio, si tratta di manico e di decisionismo che in certi casi serve eccome e senza il quale la via d’uscita si complica e si allunga. Insomma che piaccia o meno al paese serve adrenalina economica a gogò per riprendersi e scuotersi da una botta inaspettata e micidiale come poche, innanzitutto quella del virus e poi la somma di errori precedenti che hanno dissipato risorse per scriteriatezze politiche ed elettorali.

Ci riferiamo ai miliardi per quota 100, per il reddito di cittadinanza, per bonus elettorali a chi non stava a spasso, a spese allegre per enti inutili e dannosi che non si sono chiusi, parliamo di tanti miliardi che si potrebbero recuperare subito. Del resto mantenere in piedi tali provvedimenti sarebbe come dare sangue dove non serve o serve meno, sottraendolo ad impieghi che adesso sono vitali: dalla fiscalità, alle compensazioni per le imprese, agli investimenti, al lavoro e ad ogni forma di sostegno finanziario ai più colpiti.

Ecco perché parliamo di forza con l’Europa e manico da noi, per mettere insieme 20 o 30 miliardi, visto che all’eccezionale impegno sanitario che va applaudito deve affiancarsi un altrettanto impegno finanziario che non vediamo e che il governo non ha il coraggio di attivare. Proprio per questo, e nello spirito di unità e collaborazione alla quale giustamente Mattarella ci ha invitato, noi insisteremo a pungolare e proporre per il bene del Paese le nostre soluzioni convinti come siamo che più del silenzio e dell’accettazione serva soprattutto partecipazione.

Aggiornato il 06 marzo 2020 alle ore 17:09