
Giuseppe Conte, con poche ore di preavviso, ha deciso la chiusura di tutte le scuole in ossequio alla prevenzione di qualsiasi fenomeno che possa favorire il contagio. Cosa c’è dietro la repentina serrata delle classi di ogni ordine e grado? Il Governo Conte si aspetta un aumento esponenziale dei casi che potrebbe essere di molto superiore al numero dei posti letto in terapia intensiva che si potrebbero racimolare nella migliore delle ipotesi. Se cioè i contagi dovessero arrivare, nel momento di picco, a centomila e nel contempo si riuscissero a trovare cinquemila posti in terapia intensiva, allora ci troveremmo di fronte a una tragedia senza fine, a una situazione ingestibile.
I numeri appena citati potrebbero purtroppo non essere molto dissimili dalla realtà, la qual cosa equivale a un vero e proprio dramma. È evidente quindi che la chiusura delle scuole sia l’ultimo atto tardivo di un governo che arriva lungo su tutto: non ha usato cautela quando tutte le altre nazioni la adottavano (con grave danno per l’economia), in perfetta controtendenza ha bloccato i voli diretti dalla Cina perdendo il controllo dei potenziali untori, ha avuto un andamento quantomeno ondivago in tema screening con l’uso dei tamponi. Adesso, nonostante gli esperti reputassero la chiusura delle scuole come un provvedimento neutro (leggasi inutile), il Governo ha pensato bene di adottarlo forse per paura. Comprendiamo la paura anche se non è il momento delle operazioni estemporanee se – com’è probabile – dall’altra parte c’è un problema più che serio.
Questa sa tanto di una “mezza misura” così come lo sono state quelle per limitare i rischi correlati al lavoro o quelle sulla celebrazione dei ludi pallonari. Abbiamo sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare: abbiamo starnazzando a vanvera, abbiamo usato misure zeppe di “maanchismo” e adesso chiudiamo le scuole ma non limitiamo massivamente per decreto la presenza negli uffici. Ciò equivale a pretendere di curarci le piattole con un bel bidet fresco.
La risultante è che restiamo esposti al contagio come o forse più degli altri (non è dato saperlo perché i nostri partner europei argutamente tacciono), abbiamo un tessuto economico disastrato dalla cattiva comunicazione istituzionale (è di ieri l’intervista/grido di dolore dell’imprenditore Gianfranco Zoppas), abbiamo i figli a casa e i genitori a lavoro incazzati neri per questioni organizzative oltre che preoccupati di poter essere loro gli untori della propria prole.
Sarebbe bastato fare un ragionamento da “dentro o fuori” decidendo di tacere o di agire a seconda della portata attesa del problema. Invece abbiamo voluto fare i cinesi limitando la “densità sociale” ma lo abbiamo fatto “all’italiana”. Insultavamo i Governatori delle regioni reputando fossero razzisti. Adesso i cinesi mettono in quarantena chi arriva dallo Stivale e i nigeriani chiudono le frontiere al Belpaese nono stante gli italiani abbiano fatto i fighi sui migranti e sulle loro abitudini “esotiche” sopportando di tutto in nome dell’integrazione. Insomma tutti girano le spalle ai “più buoni del mondo” considerandoli untori e trattandoli come profughi da bloccare alla frontiera. Pare invece che il primo caso europeo sarebbe stato rinvenuto in Germania: ma quelli sono stati zitti e mosca. mica lavandaie da cortile come noi.
Dopo il danno, la beffa.
Aggiornato il 05 marzo 2020 alle ore 15:31