Boni, state boni

Che il capo dello Stato inviti alla calma per evitare che la corda si rompa, per un verso è un classico dei compiti della magistratura più alta della Repubblica, per l’altro una sorta di memorandum sulla situazione che se precipitasse verso il voto vedrebbe spazzati via grillini e giallorossi.

Insomma, mettere in piedi questo Governo non è stato un compito da poco, perché fino al giorno prima tra Grillo e Renzi, Di Maio e Zingaretti, Boschi e Bonafede, era una guerra di accuse, insolenze e villanerie su tutto; dunque a farli diventare un club di amici è stata una magia. Del resto la politica di magie se ne intende eccome perché di fronte alla seduzione del potere, dei posti da occupare, delle poltrone di prestigio, riesce sempre a trasformare la trama in ordito e viceversa.

Per farla breve si smentisce tutto, si dimentica l’impegno di parola, la ragione per la quale si è chiesto agli elettori il voto; insomma, l’assenza del vincolo di mandato diventa un grimaldello per cambiare posizione. Oltretutto, visto che la Costituzione consente ai numeri, piuttosto che all’armonia e alla condivisione, di farla da padrone, in certi casi la voglia di potere insieme alla ragione scavalca pure il bene della nazione.

Ecco perché questo governo e questa maggioranza un attimo dopo aver giurato e preso la fiducia ha ricominciato a litigare e minacciare, complottare e lanciare ultimatum, piuttosto che risolvere e affrontare i problemi devastanti del Paese. Alla faccia della coerenza. Parliamo dei 150 tavoli di crisi aperti, decine e decine di migliaia di posti di lavoro, parliamo del sistema bancario, della produzione in stagnazione, del rischio assurdo della prescrizione, del sud abbandonato e della Finanziaria trasformata in una serie di pezze a colori di tasse e di dolori. Pensate solo che il faro strombazzato avrebbe dovuto essere la soluzione sulle clausole dell’Iva, e alla fine del 2020 oltre alle nuove tasse ci ritroveremo ancora 21 miliardi d’imposta sul valore aggiunto da sterilizzare. Incredibile, ma vero.

Come è vero che di fronte ad un anno che si annuncia in crisi, bene che vada il Pil salirà dello zero virgola qualcosa. Anziché agli investimenti, allo stimolo fiscale, al vantaggio per fare impresa, i giallorossi aumenteranno solo la spesa improduttiva, l’apparato statale, il costo assistenziale.

Insomma, al posto del vaccino ci somministreranno il virus, al posto della cura una bastonatura, anziché uno sfoltimento della burocrazia altri vincoli e controlli da pazzia; il tutto condito dalla solita promessa che nel 2020 si faranno le riforme necessarie per la svolta epocale. Eppure era adesso che i giallorossi avrebbero dovuto dimostrare la grande capacità strombazzata di salvare l’Italia dagli errori precedenti, dal rischio che col voto il centrodestra ci portasse alla deriva, che Salvini, Meloni e Berlusconi ci obbligassero agli scatoloni.

Insomma, perché aspettare e rimandare al 2020? Ve lo diciamo noi perché. Sono incapaci, in crisi costante fra di loro, e gli unici pesci che sanno prendere sono le sardine, per il resto il nulla tranne le solite ricette forcaiole di tasse e manette, impiego statale e ossessione fiscale. Non sono capaci di parlare d’altro che della solita lotta all’evasione e per stroncarla anziché semplificare, ridurre, pacificare e consentire di scaricare spese e bollette; aumentano le imposte, le complicazioni e le manette. Hanno votato la diminuzione dei parlamentari con una legge che ferisce la democrazia, una prescrizione che mortifica il diritto, un trattato sul Mes che ci espone al rischio, un provvedimento sull’Ilva demenziale, una Finanziaria autolesionista. Ma che volete, sono i grillini uniti alla sinistra.

Aggiornato il 19 dicembre 2019 alle ore 10:40