Demenza politica e propaganda

Gli scaffali del supermercato della politica italiana sono pieni, eppure vuoti. Un po’ come quelli dei grandi magazzini dell’Unione sovietica. A destra come a sinistra, per non parlare dei grillini, impera quasi solamente la propaganda come prodotto in esposizione. Propaganda spesso demenziale e sempre in malafede. Così, invece, di partorire idee nuove su come – ad esempio – la politica possa un giorno emanciparsi dalla morsa della tutela della magistratura, prima scelta e ora subita, vanno per la maggiore slogan per l’appunto da imbecilli. L’esempio più classico lo forniscono i movimenti nati dal nulla e basati sul nulla come le attuali “Sardine”. Si pompano mediaticamente alcuni giovani di belle speranze – anche Greta Thunberg è un caso analogo – si mandano in tivù quelle facce tanto pulite quanto insignificanti e si vende ciò come il “futuro”.

A destra, invece, vige il sistema del cane di Pavlov o del “qui casca l’asino”. Tante belle idee in teoria su tasse mercato, ma nessun coraggio su riforme liberali. E su prassi di vita anche esse di quel segno. E per fare cassa diseducando la gente di per sé già più che predisposta alla disinformazione si fa leva con slogan demenziali come quelli proferiti in aula al Senato da Matteo Salvini a proposito del preteso scampato pericolo dell’introduzione della “droga di Stato”, che poi sarebbe la cannabis light, cioè aria fritta, tra gli emendamenti della Finanziaria passata con la fiducia. Infine, i cinque stelle che sono una sorta di Re Mida della demenza e della propaganda in politica con pochissime eccezioni mai valorizzate dal cosiddetto Movimento.

La cosa più grave è che a queste esibizioni muscolari, mai cerebrali, di propaganda, si accodano poi gli organi di stampa dividendosi tra tifoserie un po’ come i quotidiani sportivi del lunedì. In mezzo a questa caciara programmata e deliberata si trova il quisque.

Aggiornato il 17 dicembre 2019 alle ore 12:35