
Ha ragione Giorgia Meloni ad essere, oltreché sorpresa, contraria all’uscita stravagante di Matteo Salvini sull’accordo di salvezza nazionale con la coalizione di maggioranza. Tanto è vero che il risultato ottenuto dal leader della Lega e del centrodestra, è stato solo un coro di affermazioni sulla sensazione di debolezza e confusione, per farla breve una ammissione di fragilità e indecisione. Insomma, che il capo di una opposizione largamente in testa in ogni sondaggio elettorale, offra alla maggioranza-minoranza una occasione per durare è singolare, sia perché i numeri in Parlamento non cambiano e sia perché andarsi a ficcare nella tana del lupo è una stupidaggine politica grande. Oltretutto, la proposta di Salvini non è limitata alla stesura di una nuova legge elettorale, che ci potrebbe stare, ma ad una serie di provvedimenti che per farli si corre il rischio di perpetrare la legislatura fino all’ultimo suo giorno naturale.
Ecco perché l’uscita di Salvini è disarmante e fa il paio con le altre che il capo della Lega ci ha abituati a registrare, a partire dalla scelta di unirsi ai grillini nel 2018 anziché chiedere il voto, per non dire dello stop deciso ad agosto piuttosto che dopo le Europee o della corte a Luigi Di Maio dopo la crisi estiva. Parliamoci chiaro, che Salvini non sia uno statista illuminato è dimostrato, come è dimostrato che il successo del suo partito sia dovuto più alla scelleratezza della sinistra sull’immigrazione, sulla sicurezza, sulle tasse e sulla giustizia, piuttosto al carisma politico e la capacità dell’ex ministro.
Del resto, la stessa decisione di fare la crisi ad agosto fidandosi della parola di Nicola Zingaretti, la dice lunga sui limiti di Salvini in scaltrezza e intuizione politica, così come le leggerezze su Papeete e sulla trattativa di giugno per il Mes. Ma andare a proporre una sorta di governo tutti dentro o col sostegno esterno del centrodestra su punti intorni ai quali un accordo non si troverebbe mai, non fosse altro che per la melina dei giallorossi per allungare il brodo fino al 2023, è sintomatico di una confusione tattica e strategica. Ma se ciò non bastasse e ammesso che per ipotesi fosse stata fatta balenare da qualcuno al Matteo padano, l’idea, che di fronte ad un accomodamento, al Colle piuttosto che Romano Prodi potrebbe essere scelto Mario Draghi, sarebbe comunque una scommessa azzardata.
Innanzitutto, perché in politica gli accordi si fanno sull’immediato e non sul futuro, puntare ora per allora significa quasi sempre essere ingannati, il tempo è determinante, e poi perché a fidarsi dell’antagonista ci si rimette e basta, vedi Zingaretti ad agosto. Ancora di più in questo caso perché e sempre per ipotesi, l’idea di portare al quirinale Draghi piuttosto di Prodi, potrebbe essere arrivata solo da Matteo Renzi e dintorni, e francamente fidarsi dell’ex premier sarebbe come cavalcare Icaro per arrivare al sole. Oltretutto visto che i sondaggi parlano chiaro e se si votasse la vittoria del cdx sarebbe scontata, la scelta sul colle spetterebbe alla coalizione di Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, dunque ammesso e non concesso perché non staccare subito la spina? Gatta ci cova.
Del resto la maggioranza è chiaramente nelle mani di Italia viva, e se Renzi volesse un accomodamento col centrodestra potrebbe adesso offrire in cambio le elezioni, ecco perché posticipare per trovare convergenze di unità nazionale che non si troveranno, è solo un’idea malsana di Salvini. Per farla breve al centrodestra tirare avanti nel tentativo di trovare un comune denominatore su temi nei quali la differenza di vedute con i giallorossi è abissale, rappresenta solo un rischio assurdo ed esiziale, per questo ha ragione la Meloni a dire no, è solo un male.
Dopodiché, resta l’unico punto da votare a larga maggioranza, la legge elettorale, su questa il centrodestra deve trattare, con una scadenza chiara di qualche mese per trovare la più ampia possibile convergenza, altrimenti tutti a casa perché gli italiani hanno esaurito davvero ogni pazienza.
Aggiornato il 17 dicembre 2019 alle ore 12:59