Patto nazionale sì, ma con conventio ad excludendum per i grillini

Ottima idea quella avuta da Matteo Salvini. O forse a lui “fattagli avere” dal saggio Giancarlo Giorgetti. “Governare sulle macerie” d’altronde è una sòla. Ma alla proposta manca un particolare non da poco: se nuovo arco costituzionale ha da essere – e ha – non deve mancare nemmeno la classica conventio ad excludendum.

Proprio non se ne può fare a meno. E stavolta saranno i Cinque Stelle a dovere recitare il ruolo degli esclusi in questione. Ruolo una volta subito dal vecchio Pci. E questo in attesa che la loro impresentabile classe dirigente cambi ed evolva. Via i Bonafede con le loro manette e le loro gaffe di fatto e di diritto. Via i Luigi Di Maio con le loro folli pretese. Via gli Alessandro Di Battista con il loro esotismo e la simpatia per i modelli tirannici (Iran, Cina, Venezuela, Hamas).

Via i Lannutti, con le loro improvvide dichiarazioni sulla finanza mondiale rievocate da Aldo Grasso sul Corriere della Sera il giorno dell’Immacolata. Nessun pregiudizio per quella nuova, eventuale classe dirigente che riusciranno senz’altro a esprimere prima o poi anche i grillini. Ma tutti quelli che abbiamo provato – o meglio sopportato – da Virginia Raggi a Chiara Appendino, da Gianluigi Paragone a Danilo Toninelli, da Barbara Lezzi a Manlio Di Stefano, e pazienza se ne scordiamo qualcuno, vanno mandati a occuparsi d’altro. Lanci quindi Salvini pure un Governo di unità nazionale magari sotto l’egida di Mario Draghi – se sarà così folle da accettare – ma la precondizione è il ritorno alla normalità psichica, allo stato di diritto, all’economia di mercato e alla democrazia vera, quella rappresentativa non quella nazi-pop di Rousseau con l’egida economica della Casaleggio Associati. Perché in Italia non c’è solo un problema politico di populismo o di sovranismo come in tutta Europa. Noi qui stiamo correndo il rischio di una democrazia da clinica psichiatrica.

Aggiornato il 16 dicembre 2019 alle ore 13:58