Un pericoloso colabrodo

Non passa giorno e spesso meno senza che nel Governo esplodano liti, minacce incrociate, ultimatum, accuse e scaricabarile. Un Esecutivo insomma che fa acqua da tutte le parti e che rischia di trascinarci dentro un inferno da rivolta sociale.

È incredibile che si insista a tenere il Paese sotto questo rischio senza che qualcuno dica basta, in un Paese normale un Governo così non sarebbe nato, oppure sarebbe stato fermato subito, altro che maggioranza messa in piedi per la tutela degli interessi collettivi. È forse una garanzia d’interesse collettivo il contrasto quotidiano, l’immobilismo? Oppure il rischio che l’Ilva chiuda per le scelleratezze grilline? O che Alitalia ci costi ulteriori centinaia di milioni di euro, visto che messa com’è nessuno la vuole? Oppure che la prescrizione soffochi il diritto di tutti? È interesse nazionale una manovra “tasse e galera” che sta provocando proteste ovunque? O che Roma, la Capitale, abbia una giunta comunale che in tre anni tra scandali, dimissioni, crisi dei rifiuti, cinghiali, gabbiani, topi, alberi caduti e allagamenti, è ridotta all’emergenza quotidiana? È interesse nazionale un Governo costantemente sull’orlo della crisi, dalle autonomie all’immigrazione, dalle inchieste alle ripicche, per non parlare dei provvedimenti annunciati, smentiti e poi cambiati sotto il peso degli aut aut incrociati? È interesse nazionale un Governo che gioca con il Mes mettendo a rischio il debito sovrano e i risparmi di tutti i cittadini? Oppure che dichiari di stare in piedi solo per impedire che attraverso il voto trionfi la democrazia?

Guardate l’Italia, mai come adesso è appesa a un filo, specialmente per la questione relativa al Fondo Salva-Stati. Del resto sarà mica un caso se perfino l’ex ministro Pier Carlo Padoan ammonisca sul pericolo di un declassamento dei titoli di Stato. Oltretutto Padoan è in buona compagnia, perché da Cottarelli a Visco, da Patuelli a Boccia fino al presidente della Consob, Savona e tanti altri, hanno espresso riserve e preoccupazioni forti.

Eppure il Premier, neanche fosse il verbo, si è prodigato in una difesa del Mes come quella di Antonio su Cesare, attaccando Matteo Salvini e Giorgia Meloni perché non studierebbero i dossier. Roba da marziani, ma Giuseppe Conte l’ha studiato l’accordo che ha “firmato”? Insomma, sa di che si tratta? Perché, absit iniuria verbis, delle due l’una: o il Presidente del Consiglio tratta con leggerezza dossier vitali per la stabilità finanziaria, oppure è il primo a non studiare. Del resto, come mai dopo il putiferio alle Camere sul Mes, a partire da Roberto Gualtieri è un corri corri per cercare di cambiarlo, fermarlo, e quant’altro? Come mai adesso c’è tutta questa preoccupazione sopra un trattato che Conte in aula ha descritto come fosse benedetto?

Dunque non è vero che siamo pazzi noi e tutti quelli che come noi sono sobbalzati alla notizia che il Mes sia stato in qualche modo avallato all’Eurogruppo di giugno, perché le clausole inserite sono un capestro inaccettabile per la stabilità finanziaria del Paese? Non è vero che siamo dei folli a pensare che ancora una volta Francia e Germania ci abbiano trascinati in un tranello mortale per il nostro potere contrattuale nella Ue? E che l’asse franco-tedesco sia sovranista sui fatti loro ed europeista su quelli degli altri? Non è vero infine che siamo vergognosamente prevenuti sulla capacità dei francesi e dei tedeschi di approfittare, di farci pagare i guai delle loro banche, delle speculazioni sui derivati, come fu per la Grecia per stessa ammissione postuma di Jean-Claude Juncker.

Ebbene no, non siamo prevenuti, né contro l’Europa e l’Euro in quanto tali, siamo contro una Ue trasformata in un outlet a disposizione di alcuni, in un centro di potere assoluto dei forti contro i deboli, in un dominio di interessi finanziari particolari anziché in un consesso solidale e convergente. Siamo per l’Europa della gente, a partire dalla nostra. Siamo Italiani.

Aggiornato il 04 dicembre 2019 alle ore 11:05