Ma chi se ne frega di Rousseau

Ci mancava solo la strafottenza di Rousseau per completare l’opera delle pagliacciate di Joker-Grillo. Dopo gli spergiuri sull’Europa, sull’Euro, sulle contaminazioni, sulla scatoletta di tonno, sui “vaffa day” per tutti, è arrivato quello sulla piattaforma per il voto.

Insomma, Rousseau dice una cosa e Beppe Grillo se ne infischia e ribadisce che vuole stare con il Partito Democratico; certo, dovrà inventarsene una per evitare di penalizzare Stefano Bonaccini in Emilia-Romagna, ma il senso dell’ennesima dimostrazione di menefreghismo non cambia.

È la prova provata di quanto il comico pensi di poter disporre a piacimento del consenso, di quanto creda di essere tanto onnipotente da passare sopra ogni impegno e ogni promessa; con la scusa che il Movimento cambia è sempre pronto a giustificare l’ipocrisia politica. Del resto per capire Grillo basterebbe pensare al recente manifesto a favore della sindaca Virginia Raggi e delle tante cose buone che secondo Beppe avrebbe fatto per la Capitale; roba da non credere, un gioco a suggestionare insomma, come se i cittadini fossero cretini.

Sia chiaro, lo showman genovese sa bene che se si tornasse al voto il suo Movimento rischierebbe l’estinzione, ecco perché farà di tutto pur di sfruttare fino alla fine il miracolo elettorale del 2018 che ha assegnato ai grillini la maggioranza relativa. Viene da chiedersi come ancora si possa resistere ad ascoltarlo, perché con la buggeratura della piattaforma il garante ha toccato davvero il fondo. Come ha toccato il fondo il povero “Giggino”, che dopo essere finito in balia delle onde si è definitivamente consegnato a Grillo pur di mantenere un ruolo, quello del capo politico, che non solo non è stato in grado di gestire ma che oramai è un trompe-l’œil.

Del resto basterebbe pensare che Luigi Di Maio per fare il ministro degli Affari esteri abbia dovuto circondarsi di ben otto consulenti nuovi per compensare limiti e incapacità; un’altra delle testimonianze plastiche di come portare al governo del Paese i Cinque Stelle sia stato un errore imperdonabile. Per carità, nel 2018 anche e soprattutto Matteo Salvini ci ha messo del suo, mai avrebbe dovuto abboccare al trappolone dell’alleanza con i grillini, ma aver impedito agli italiani di votare ad agosto scorso è stata una forzatura scriteriata.

Insomma, non basta avere i numeri in Parlamento per garantire al Paese una guida sicura e coerente, tanto è vero che fra Pd, Grillo, Renzi e Conte sta andando in scena lo spettacolo peggiore della storia, dalla Finanziaria al Mes, da Taranto alle continue minacce incrociate pur di andare avanti. Ecco perché l’uscita di Grillo sulla necessità di stare con il Partito Democratico, in contraddizione col voto di Rousseau, è la conferma della inaffidabilità del garante e della sua disperazione. Per usare una battuta, verrebbe da dire: stanno alla canna del gas.

Oltretutto questi annunci sono autolesionisti, musica per Salvini e per il centrodestra, perché più la maggioranza di governo si sbugiarda e contraddice, più sprofonda e perde consensi a partire proprio dai grillini. In Emilia-Romagna poi non ne parliamo e la prova è nei sondaggi, perché se dai campioni risulta un testa a testa fra Stefano Bonaccini e Lucia Borgonzoni significa che in realtà la candidata della Lega è prima di sicuro; in quella regione, infatti, c’è tanta gente che fa fatica a dichiarare che non voterà per il Pd. Per farla breve, c’è una massa di elettori che dichiarano una preferenza farlocca per via del forte e storico controllo sociale e politico sul territorio della Regione Rossa per eccellenza.

Ecco perché Grillo che usa la maschera di Joker fa pena; l’Italia, la Nazione, non è un teatro per gli show, e questo giochetto che purtroppo per un po’ ha funzionato oramai è fallito e smascherato, questione di poco, ci penseranno gli elettori e sarà cancellato.

Aggiornato il 25 novembre 2019 alle ore 10:14