Salvini e il centrodestra in piazza: chi c’era tra la folla

Alle 15 del pomeriggio il sole picchia forte in piazza San Giovanni in Laterano, a Roma. Guardando in alto, sovrastano i cieli le siluette delle statue di Cristo, Ss. Giovanni Battista, S. Giovanni Evangelista e degli Apostoli. Nella piazza, invece, accompagnate da una leggera brezza sventolano dolcemente le bandiere tricolore: c’è il Veneto, ma anche la Lombardia, l’Umbria, la Sardegna e tutte le altre regioni italiane. In 200mila sono accorsi per ascoltare Matteo Salvini, il leader della Lega.

Qualche intellettualone diceva che non avremmo mai riempito questa piazza. Voglio ricordare le parole di Don Gnocchi: la vittoria è sempre nel pugno di pochi. Oggi non siamo pochi, siamo una marea di persone, vi chiedo di portare la certezza che noi riprenderemo in mano questo splendido Paese, senza prendere ordini da Berlino e Parigi” dice Salvini, dopo l’intervento degli alleati Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, rivolgendosi alla piazza.

L’aria che si respira è quella di un concerto. C’è chi beve birra, chi mangia un panino, chi parla di politica con la gente: donne e uomini, anziani, giovani e famiglie con i bambini. Inevitabile, che la riflessione vada proprio alla varietà di gente che è accorsa alla manifestazione. Anche solo per sentire “cosa c’era da dire”. Perché tra le tante critiche fatte alla destra, sicuramente la meno costruttiva, e anche la più becera, è quella che definirebbe l’elettorato di destra “un popolo d’ignoranti fascisti”. Come se la cultura fosse un appannaggio lontano e gli unici ad aver avuto un’istruzione fossero quelli “che non votano a destra”.

In realtà è importante capire che, oggi, in questa piazza, tra la folla, ci sono: laureati, ingegneri, avvocati, autorità, operai, giornalisti, casalinghe ecc.. La convinzione che solo i somari votino Salvini, Meloni e compagnia bella, è la risposta di chi non è in grado di parlare e dialogare con il Paese, con le piazze e con “questa gente” (che una volta magari votava Pd e M5S). Semmai, infatti, è un modo per stigmatizzare e per comunicare “un bel niente”! È il tentativo di una politica guidata da una visione poco lungimirante, tipica di chi si pone “al di sopra”: una casta intangibile e intoccabile che, oltre ad aver perso la sua identità e i suoi valori, dimostra di non avere le capacità per argomentare e affrontare il dibattito politico nazionale.

Ça va sans dire.

Aggiornato il 21 ottobre 2019 alle ore 13:44