
Bell’esempio perché, se la memoria non inganna, Giuseppe Conte nella sua arringa contro Matteo Salvini lo rimproverava di stare troppo in giro e poco al ministero. Bella coerenza, nel suo secondo mandato il Premier non si perde una festa, una convention, una kermesse.
Sia chiaro, si tratta di incontri istituzionali, però dovrebbero spiegarci la differenza tra quelli di Salvini e quelli del Premier, altrimenti è demagogia e basta. Oltretutto, e qui siamo all’insussistenza, non c’è stata dichiarazione una del Premier che non sia stata subito stroncata da qualche ministro o da qualche alleato, a conferma dell’armonia nella maggioranza purché sia. Conte infatti parla di praticabilità di tasse sulle merendine, sulle bibite, e Luigi Di Maio lo boccia; il presidente del Consiglio accoglie la proposta di Lorenzo Fioramonti per una imposta sui voli e Matteo Renzi la stronca. Insomma delle due l’una: o non si parlano, oppure è vero che la parola per loro conti poco o niente.
In un passaggio tanto delicato come questo, prima di annunciare un provvedimento bisognerebbe non solo andarci piano ma almeno avere una condivisione preventiva. Ecco perché diciamo che politicamente sono saccenti, inconcludenti, e lo si è visto con l’inciucio umbro: hanno annunciato e infastidito svariati personaggi prima di ripiegare sul candidato da sacrificare, alla faccia della coesione. La realtà è che parlano a vanvera, sia perché più di tassare nulla sanno fare, sia perché vivono nella paura del fuoco interno all’alleanza che potrebbe stroncare la maggioranza.
Per farla breve, da una parte non sanno dove mettere le mani perché l’unica logica dei cattocomunisti è tassa e sperpera, dall’altra hanno timore della reazione popolare alla voglia di tassare, ecco perché parlano e si smentiscono addosso. Tanto è vero che il Premier ha rispolverato il tormentone forcaiolo dell’evasione salvo edulcorarlo col ritornello di pagare tutti per pagare meno, e del fisco amico. Bene, a parte il dettaglio sull’ipocrisia che condusse il centrosinistra di Renzi a graziare proprio i grandi evasori con la voluntary disclosure, ma il fisco persecutorio l’hanno inventato loro a partire dall’ex ministro Ignazio Visco. Sia chiaro, l’evasione va combattuta eccome, ma non si capisce come mai la sinistra predichi bene e razzoli male. Infatti nella storia i governi di centrosinistra hanno provveduto all’indulto di furfanti e delinquenti, scippatori e spacciatori, brava gente, ma sulla pace fiscale hanno strillato all’oscenità morale; bella coerenza di valutazione sulla eticità della questione. Per combattere l’evasione serve l’esatto opposto della persecuzione, sia perché spinge alla rivolta e al rischio di collasso fiscale, sia perché è contraria ad un progetto culturale sulla obbligatorietà per i cittadini alla partecipazione nella spesa nazionale. Oltretutto è documentato che quando si chiede troppo e si spende male, quando la pressione sfiora l’estorsione, non basta la galera per evitare l’evasione.
Da noi non solo le tasse sono eccessive, i conteggi disarmanti, le dichiarazioni esercizi da strizzacervelli, ma siamo soffocati dai balzelli che guarda caso è stata sempre la sinistra a scodellare, ecco perché oggi continuano ad inventarne di nuovi. Servono tasse più basse, semplici da pagare, serve l’inversione della prova, il contrasto di interesse, serve di colpire dove l’evasione si ritrova, a partire dalle multinazionali, dai grandi centri finanziari, da chi utilizza il caporalato, da chi subdolamente si delocalizza. Solo così si potrà invertire la tendenza, ma recuperare gettito non basterà se la sinistra continuerà a bruciare quei soldi con l’assistenzialismo e la spesa improduttiva, per rilanciare quel denaro si dovrà investire in sviluppo, infrastrutture, un calo delle tasse e delle torture.
Aggiornato il 23 settembre 2019 alle ore 11:11