
Che cosa dicono gli scacchi? Per esempio, che il cavallo Luigi Di Maio ha saltato tre caselle (Presidenza e Vicepresidenza del Consiglio; Ministero dell’Interno) per finire spiaggiato come una balena gialla sui lidi inospitali della Farnesina. Da lì, la sua scarsissima conoscenza delle lingue e un pregresso di urticanti polemiche nei confronti dei Santi Patroni di Bruxelles, Angela Merkel ed Emmanuel Macron, ne farà un reietto gestito amorevolmente dalle balie del Deep State ministeriale e dai guardiani politici, come i suoi viceministri e sottosegretari. Giusta punizione, Grillo dixit, per aver sperperato un inestimabile patrimonio elettorale, lasciandosi dissanguare da quella volpe (finita in pellicceria, Andreotti dixit di Bettino Craxi) di Matteo Salvini. Così, di quattro incarichi gliene restano nemmeno la metà, dato che Beppe Grillo ha implicitamente “elevato” Giuseppe Conte a leader virtuale del Movimento. Già…
Ma i due guru Beppe-Casaleggio jr che ci guadagnano? Soldi e tanto prestigio, dato che i loro parlamentari rimangono in possesso di palla e gli esponenti grillini di spicco partecipano come soci di maggioranza al sontuoso banchetto di spartizione delle nomine negli enti pubblici. Per non parlare, poi, del retro pensiero del Grillo Furioso, pazzo fuori ma grande calcolatore e stratega dentro, il quale giocherà con la capacità innata del Movimento di rendersi assai poco “accountable” con i poteri forti d’Europa (che non potranno mandare a casa questo governo per il terrore che torni in forze il sovranismo salviniano!), facendo passare non pochi guai al guardiano dei conti pubblici, guarda caso un navigato politico del Partito Democratico.
Del resto, nella casella nevralgica di Ministro dell’Interno, Sergio Mattarella aveva assolutamente bisogno di collocare una personalità di decantazione, con grandissima esperienza, capacità di mediazione, fermezza e attitudine al comando. Che cosa c’era meglio di un tecnico come Luciana Lamorgese che ha rivestito incarichi ministeriali apicali e prestato servizio in aree “verdi” (Lega), come Prefetto di Venezia e poi di Milano, e per di più in quota rosa? Detto fatto. Quindi, l’ala destra è blindata. Rimane sempre in piedi per Grillo-Casaleggio la quisquilia di dover giustificare il doppiopetto di fronte a undici milioni di elettori che li avevano votati entusiasticamente per la loro vocazione antisistema. Come tutti costoro interpreteranno l’attuale trasformismo del Movimento?
Per scalare la montagna del consenso perduto i Cinque Stelle devono puntare a indebolire da sinistra il Pd, riducendo quanto più possibile i margini dell’astensione. Tanto, nei momenti più critici potranno sempre ricorrere alla foglia di fico del voto su Rousseau per coprire qualche scelta scellerata della leadership del Movimento, come si è visto nel voto ultimo sull’alleanza e su Conte. Ma quanto varrà tutto questo lo si vedrà tra appena un mese, quando il Governo sarà chiamato al redde rationem del documento di bilancio, dove non potrà distanziarsi troppo dalle promesse di Salvini di abbassare le tasse. Per non parlare dei decreti sicurezza, acque termali leghiste, sulfuree e ribollenti.
Quindi, tenetevi forte perché in ogni caso saremo sulle montagne russe della demagogia. Pur di non cadere nel baratro del populismo di ritorno è certo che Bruxelles allenti quanto basta i cordoni della borsa, lasciando ulteriori margini di flessibilità all’Italia che faranno solo crescere il debito pubblico. E indovinate chi pagherà? Naturalmente, i giovani di oggi e di domani. Che, però, in molta loro parte hanno votato M5S sulla falsariga di “uno vale uno” (ma Di Maio vale di più) in base a un folle principio a-meritocratico, per il quale continuano a essere tutti promossi a scuola per poi presentarsi come disoccupati cronici e riscuotere il reddito di cittadinanza, che ha beneficiato finora solo i navigator assunti a tempo determinato i quali si troveranno a gestire il nulla, dato che il lavoro in Italia non c’è se qualcuno non lo crea investendo e assumendo.
Ma, poi, davvero pensano che il Pd non li inghiotta nelle sue sabbie mobili rinviando alle calende greche la riduzione del numero dei parlamentari, che sconvolgerebbe non poco gli equilibri interni, sparigliando il pacchetto di mischia di deputati e senatori fedelissimi di Matteo Renzi. Il quale Matteo non vede l’ora di ricongiungersi a Carlo Calenda e ad altri centristi per fare da terzo incomodo tra i futuri centrodestra (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, resti del M5S) e centrosinistra (Conte-Grillo e Zingaretti).
Aggiornato il 05 settembre 2019 alle ore 11:55