
Sabino Cassese “cassa” le (cinque) stelle. Ovvero: a proposito dell’utilizzo strumentale della piattaforma Rousseau e dei risvolti negativi dell’eventuale “No”, l’esimio professore, in un suo breve ma autorevole intervento sul Corriere della Sera di ieri, si pone due fondamentali interrogativi, per capire se, in effetti, Rousseau sia più malvagio che somaro. Il primo recita: “Che cosa faranno i gruppi parlamentari (del M5s) che hanno voluto l’accordo? Si dimetteranno?”. In effetti, a causa della perversa e (forse?) antidemocratica prassi delle liste bloccate (sul cui merito e responsabilità politica, però, il professore non commenta), la designazione dei parlamentari 5s è avvenuta sempre online con un gradimento individuale di pochissime centinaia di voti di preferenza.
Bastava avere una famiglia numerosa o un piccolo gruppo di amici del muretto per essere cooptati nelle ambite liste bloccate. Quindi, ancora una volta “nessuno” di loro è stato di fatto nominalmente scelto da uno solo dei milioni di elettori che hanno votato nell’urna M5s. Alla faccia della democrazia diretta che, per essere realizzata davvero dovrebbe prima creare (come in America) una lista pre-elettorale certificata di simpatizzanti (si suppone milioni!) e, poi, sottoporre a tutti costoro la preselezione online dei candidati da inserire nelle liste.
Per tutti gli attuali eletti dei partiti rappresentati in Parlamento, ci tengo a sottolineare, vale la regola del cacicco (segretario o presidente), per cui sono i vertici degli apparati dei partiti a centralizzare la composizione delle liste. Quindi, se Rousseau li ha designati può, allo stesso modo, sconfessarli, dato che i loro grandi elettori sono esattamente gli stessi! Il secondo aspetto critico è formulato come segue: “I rappresentanti del popolo sarebbero smentiti dal partito rinverdendo i fasti della migliore partitocrazia”.
Intravedo da parte mia un’illogicità storica palese in questa sua considerazione. In primo luogo, manca una legge di attuazione (rispetto alla previsione costituzionale) che fissi regole interne comuni per tutti i partiti, disciplinandone gli organi rappresentativi, le procedure di designazione della dirigenza e il bilanciamento dei poteri tra organi collegiali e quelli esecutivi di vertice che rivestano funzioni di rappresentanza, di indirizzo e di proposta. In assenza di una norma ad hoc, i partiti rappresentano a tutti gli effetti “associazioni di fatto”, secondo gli articoli 36 e 38 del codice civile, dato che non è mai stata riconosciuta loro la “personalità giuridica”.
All’epoca dei partiti-chiesa, Pci e Dc, le scelte politiche strategiche (soprattutto nel caso dei comunisti) venivano dibattute anche con una certa veemenza nelle sezioni territoriali, allora presenti capillarmente sul territorio nazionale. A conclusione delle consultazioni, dalla sintesi di tutte le posizioni espresse e veicolate al centro dai responsabili delle sezioni, maturavano poi le decisioni del partito. Quindi, Rousseau e la sua piattaforma si inseriscono nel solco moderno dell’era digitale per svolgere una funzione analoga. Con un’incognita assoluta, però. Ovvero: quale istituzione pubblica riconosciuta (Autorità di garanzia, cioè) controlla super partes gli algoritmi per blindarli dalle possibili manipolazioni e per imporre il rispetto delle procedure democratiche di consultazione (certificandone poi i relativi risultati finali), che si intendono realizzare tramite la piattaforma suddetta?
Vuoto legislativo assoluto, anche qui. Ha ragione da vendere, invece, Cassese, quando evidenzia che la consultazione degli iscritti a Rousseau si sarebbe dovuta tenere prima dell’alleanza di governo con il Pd e la conseguente investitura di Conte. Ma, ancora una volta, perché il Grande Cassatore non invoca a gran voce una legge nazionale che regoli la vita, l’organizzazione interna e, soprattutto, lo svolgimento delle così dette “primarie” per la scelta dei candidati alle elezioni nazionali e, ancor di più per quelle locali amministrative più importanti? Se il povero e incolpevole Rousseau è malvagio e somaro, che cosa sono stati in questi ultimi sessant’anni tutti gli intellettuali di sinistra? Il grande Totò direbbe: “Ma mi faccia il piacere!”.
Aggiornato il 03 settembre 2019 alle ore 17:23