Sui Liberali ed il Pli

Pubblichiamo la risposta ricevuta in merito allarticolo apparso lo scorso 25 luglio riguardante il Pli.

Egregio direttore,

è vero, la follia è di casa nel Partito liberale italiano. Ma per essere liberali oggi non occorre essere un po’ folli? Come ci ricorda l’Encomium alla follia di Erasmo da Rotterdam “le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia”. Una follia necessaria e contagiosa. In una fase in cui lo statalismo tenta di annichilire la democrazia liberale utilizzando in modo spregiudicato il termometro del consenso, noi liberali siamo chiamati a fare quello che in gergo calcistico viene definito catenaccio: fisicità delle manovre, coperture ferree e ripartenze efficaci. Ripicche personali e sguardo rivolto al proprio ombelico allontanano dalla missione principale cui siamo chiamati: proporre al Paese un’agenda autenticamente liberale per le prossime elezioni politiche rimettendo al centro dell’azione politica i principi del liberalismo esposti nel Manifesto dell’aprile del 1947 dell’Internazionale liberale.

I liberali devono ritrovare quell’orgoglio culturale che ha segnato lo spartiacque in Europa e nel mondo, tra libertà e autoritarismo. Spiace, pertanto, dover leggere, sfogliando il suo giornale, lettere autolesionistiche che rischiano di tradire anche i migliori ed involontari intenti di chi le scrive e di chi le detta. Proprio per questo il 20 settembre, anniversario della breccia di Porta Pia, il Pli è tra i partecipanti agli Stati generali dei liberali al Capranichetta, insieme alle altre sigle associative che li stanno promuovendo, tra cui Protagonismo liberale, QuelloCheDavveroConta, Civici e liberali, Italia cuore di Europa, Futuro Roma, Energie per Roma, Associazione Alloro, e molte altre che stanno aderendo.

Si tratta di un’occasione per riflettere, tra liberali “autocertificati” (è liberale chiunque si senta tale), senza filtri, sulle ricette per correggere le storture di un sistema iperburocratizzato, ipernormato, ipertassato, e contrastare l’eterno pregiudizio nei confronti della libertà di intrapresa; ragionando sul rapporto tra libertà e nuove tecnologie, simbiosi tra welfare e rivoluzione digitale, economia circolare e sviluppo sostenibile, sburocratizzazione e abbattimento degli adempimenti per i 4,1 milioni di micro imprese, liberalizzazione di tutte le aziende municipalizzate, concorrenza e monopoli del web, modello fiscale anglosassone e cripto valute, ruolo politico-economico dell’Italia nel Mediterraneo. Come liberali, dobbiamo ritrovare un nostro credo e dobbiamo ricordarci che il vero spirito del liberalismo è sempre radicale e sempre dirompente.

Confidiamo che anche in quell’occasione il giornale da lei diretto possa ospitare le proposte che emergeranno a pochi metri da Montecitorio, così da far dimenticare le polemiche di natura personale e lasciare spazio al confronto, magari a tratti anche frizzante ed aspro, in merito all’idea di libertà e alle sue declinazioni.

Di sicuro per un nuovo liberalismo occorrono dei nuovi liberali, ma se non si riconosce il coraggio di chi, come il presidente Stefano de Luca e il segretario Giancarlo Morandi, negli ultimi decenni ha navigato controvento e nuotato controcorrente tenendo accesa come un tedoforo olimpico la torcia del liberalismo, significa non aver compreso che senza quella fiamma – custodita e difesa dal corsaro di turno – il 20 settembre non potremmo accendere il “braciere della libertà”. Il 20 settembre è il momento per una reinvenzione dell’idea liberale, poseremo una prima pietra per costruire una comunità liberale inclusiva e plurale capace di tradurre in proposte politiche i principi cardine del Manifesto della primavera del ‘47 dell’Internazionale liberale.

(*) Membri dell’Ufficio della Segreteria nazionale del Pli

Aggiornato il 30 luglio 2019 alle ore 10:50