
Il voto dei 5 Stelle alla signora von der Leyen per la presidenza Ue è stato un manrovescio in faccia a Matteo Salvini. Che non può far finta di nulla anche perché c’è chi ci ha guadagnato a sue spese.
La decisione ha restituito unità al M5S, il cui stato maggiore, dopo mesi, si è ritrovato in una riunione da confraternita universitaria. Lì, in preda ad euforia politica, il Movimento si è fatto partito, riunendosi a porte chiuse, aprendo ad alleanze elettorali con liste civiche e al doppio mandato per i candidati. Il Partito Democratico è sulla traiettoria di questo nuovo corso e Nicola Zingaretti gongola.
Il manrovescio a Salvini è stato suggerito dal Presidente del Consiglio, che insisteva per la Von der Leyen avendo ricevuto l’apertura per un italiano alla concorrenza (?, ndr). L’obiettivo non dichiarato di quella decisione era contenere il successo elettorale della Lega, azzerando il ruolo politico di Salvini nella scelta del nuovo presidente. La risposta della Lega è in arrivo, sarà a freddo ma con toni caldi e senza reazioni scomposte. Per primi si sono mossi i governatori di Lombardia e Veneto su un tema tutto politico che è nel “Contratto di governo”. Uno ha dichiarato che, vista la posizione espressa tempo fa dalla Consulta, tirerà dritto sull’autonomia scolastica; l’altro ha sparato ad alzo zero contro le titubanze del Governo. Poi, tutti e due hanno messo Giuseppe Conte nel mirino.
Nel frattempo Giancarlo Giorgetti andava al Quirinale per ritirare la disponibilità a commissario Ue (ammesso gli fosse stata fatta l’offerta). Salvini mostra cuore di panna, freddo e morbido. Diserta il Cdm in cui si parla di autonomia, ma fa sapere che potrebbe andare in Parlamento per riferire sul Russiagate; dice che il Governo deve andare avanti ma che l’alternativa sono le elezioni, punta i piedi sul Dl Sicurezza bis ma prende alla larga gli emendamenti con cui i 5S vogliono ammorbidirlo. Ora non sono più soli.
Nel fine settimana i 5 Stelle hanno tirato il freno a mano e ostentato sicurezza, ma sanno di dover pagare pegno per le iniziative europeiste del loro Premier. I rumors sussurrano la sostituzione di Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta, due ministri politicamente invisi alla Lega. Conte però vede rosso e continua a tenere alzati i deflettori sull’autonomia regionale, sventolando il vessillo dell’unità nazionale. Continuando così, la crisi, come ha detto qualcuno, potrebbe arrivare finanche a Ferragosto.
Personalmente non credo che la votazione della von der Leyen sia frutto della rozzezza politica dei 5 Stelle, convinti che quel voto serviva a entrare nel club della Commissione. Sarebbe stato un azzardo! Ancora più grande se suggerito dalla convinzione che la von der Leyen accetterà un italiano leghista dopo aver preteso ed ottenuto l’esclusione di Salvini dal tavolo per la sua nomina.
Conte spera che il voto a favore della signora tedesca e la sua resistenza attiva siano un’onda lunga che farà perdere la testa alla Lega. A quel punto, per scongiurare le elezioni, che Mattarella aborrisce, il bene dell’Italia e degli italiani potrebbero giustificare un governo M5S stampellato dall’astensione del Pd. Un Governo tutto di Conte, nel quale il Presidente del Consiglio non si sentirebbe più il terzo incomodo, chiamato a fare il punching-ball. Senza contare che, a quel punto, avrebbe accumulato sufficienti crediti per ritirarsi a fare il commissario italiano per la Ue.
Se Conte coltiva questi propositi azzarda. Perché sono idee rischiose e spregiudicate politicamente. Per il M5S, non per lui che guarda speranzoso al Quirinale.
Aggiornato il 22 luglio 2019 alle ore 16:55