Non era mai accaduto che un esponente della sinistra dura e pura come Gero Grassi prendesse il coraggio e l’onestà intellettuale a due mani e, citando Pier Paolo Pasolini, concludesse il proprio articolo sulla “Gazzetta del Mezzogiorno”, scrivendo “anche io so la verità sulle stragi, ma in questa occasione non posso rivelarla”. E il riferimento è alla strage di Bologna.
Grassi, come Carlo Giovanardi e Maurizio Gasparri, ha potuto vedere le carte tutelate dal segreto di Stato per “questioni inerenti la sicurezza dell’Italia” - e quindi ancora da desecretare - che riguardano proprio i depistaggi ai danni dei Nar di Mambro e Fioravanti. E ha scritto che quello che lui ha visto “non va nel senso della sentenza” di colpevolezza da tempo definitiva che ha inchiodato Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini.
Più chiari di così, si muore. Nei particolari però non può entrare altrimenti dovrebbe rivelare i dispacci del colonnello Stefano Giovannone da Beirut a proposito delle minacce di alcune fazioni dell’Olp di ritorsione dinamitarda contro il nostro Paese a causa dell’arresto del capo cellula palestinese dell’epoca in Italia, Abuh Sameh Salameh, fattosi prendere maldestramente insieme all’autonomo Daniele Pifano nell’ottobre 1979 mentre trasportavano in giro per la penisola un paio di razzi Strela aria aria, di quelli già utilizzati nei primi anni Settanta per tentare di abbattere un volo di linea della El Al in Israele.
Ormai questo segreto di Stato - che imbarazza solo i giudici che si sono bevuti i depistaggi di Stato negli scorsi anni e, forse, quella parte dei familiari delle vittime della strage del 2 agosto 1980 che ha accettato la tutela politica dell’ex Pci - è in realtà di Pulcinella.
Su Libero Renato Farina ha anche indicato dettagliatamente quali sarebbero i faldoni da desecretare. Il Lodo Moro probabilmente è ancora in vigore, ma dopo oltre trenta anni i referenti di oggi non sono di sicuro quelli del 1980. Questo segreto può quindi essere rivelato senza nuocere alla sicurezza dello Stato. Potrebbe al massimo fare del male alla reputazione e all’immagine di chi ha accumulato in questi anni certezze di repertorio sulla matrice fascista della strage di Bologna.
Aggiornato il 11 luglio 2019 alle ore 15:50