Migranti, Salvini scrive alla Tunisia: “Rimpatri con navi di linea”

Matteo Salvini invia una lettera alla Tunisia affinché affronti seriamente la questione dei migranti. “Sul fronte delle procedure di rimpatrio, vero modello di operatività – scrive il ministro dell’Interno – possiamo conseguire ancora più elevati livelli di efficacia attraverso rimodulazioni improntate ad una maggiore flessibilità con il ricorso a navi di linea”.

Per Salvini, che ha segnalato “una maggiore concentrazione di flussi dalla Tunisia, bisogna rafforzare, anche con il sostegno europeo, le capacità di sorveglianza marittima, attraverso un sistema integrato basato su postazioni radar e strutture operative”.

Frattanto, le autorità tunisine hanno tratto in salvo nel primo pomeriggio di ieri 71 di diverse nazionalità a bordo di un’imbarcazione di fortuna al largo delle coste delle isole Kerkennah. Lo scrive oggi l’agenzia di stampa tunisina Tap citando come fonte il portavoce della Guardia nazionale, colonnello Houssemeddine Jebabli. Secondo il portavoce i migranti erano salpati dalla città libica di Zwara ed erano diretti verso le coste italiane. “Le persone soccorse comprendono 37 bengalesi, 1 tunisino, 8 marocchini, 7 algerini, 8 egiziani, 4 sudanesi e 2 ciadiani”, ha indicato Jebabli.

Intanto, l’ammiraglio libico Abdalla Tumia, capo della Guardia Costiera di Tripoli, che con le motovedette donate dal governo italiano pattuglia le coste libiche, in un’intervista al Messaggero difende il lavoro dei suoi uomini. “Tra le priorità del nostro Paese e della Marina militare c’è quella di salvare gli immigrati in difficoltà in mare e fornire loro l’aiuto necessario dopo le operazioni di salvataggio per la consegna in uno dei centri di accoglienza sotto la direzione degli organismi internazionali”, spiega Tumia, specificando che “non abbiamo maggiori o minori difficoltà a causa della guerra, i dati dei migranti che arrivano in Italia sono eloquenti e rispetto agli anni scorsi non si può non riconoscere il lavoro che stiamo svolgendo”.

Per l’aumento delle partenze, però, “anche la presenza delle navi delle ong è un fattore. Attraverso la mia esperienza, la ragione principale dell’aumento dei flussi migratori ha una forte relazione con l’attività delle ong e sicuramente non l’eventuale apertura dei centri per migranti” fa notare l’ammiraglio aggiungendo: “Lo abbiamo visto quando le ong si avvicinavano alla Libia a sole 15 miglia, questo incoraggiava i migranti a partire e i trafficanti a mettere i barconi in mare”.

Matteo Salvini, a Caltagirone, all’inaugurazione dei nuovi locali del commissariato di Pubblica Sicurezza e del Distaccamento della Polizia Stradale, è tornato sul tema dell’accoglienza dei migranti. “Questa struttura, sulla carta, sarebbe dovuta essere un centro per ospitare minorenni stranieri non accompagnati, ma, mettendoci in gioco, fortunatamente siamo riusciti a ridurne il numero di arrivi e di morti in mare. Adesso, invece qui ci saranno 61 uomini e donne delle forze dell’ordine grazie alla cocciutaggine e alla perseveranza delle istituzioni locali, regionali e nazionali”.

Secondo il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, sui migranti “dobbiamo uscire dalla logica del caso per caso per avere un meccanismo più sistemico a livello europeo. È questa la prima priorità ineludibile che si dovrà affrontare all’inizio della nuova legislatura europea”.

“I minorenni stranieri non accompagnati nei centri di accoglienza chiedono un livello maggiore di inclusione: questa una delle risultanze più evidenti emerse dal dossier ‘L’ascolto e la partecipazione dei minori stranieri non accompagnati in Italia’, realizzato dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia) e dall’Unhcr, presentato al Museo dell’Ara Pacis dalla garante Filomena Albano e dalla Portavoce Unchr per il Sud Europa Carlotta Sami. Tra le problematiche più segnalate, nell’80 per cento dei centri visitati – che sono stati in tutto 22 in 11 regioni, per un totale di 203 minorenni coinvolti, con un’età media di 17 anni, provenienti da 21 paesi diversi – la carenza nelle informazioni e nelle attività di orientamento destinate ai ragazzi. Nel 53 per cento è stata denunciata la mancanza di attività di socializzazione e nel 47 per cento dei casi è risultato che la permanenza nei centri di prima accoglienza o emergenziali si è protratta ben oltre i 30 giorni massimi fissati dalla legge.

Aggiornato il 09 luglio 2019 alle ore 13:57