
Sarò prolisso. I lettori mi perdoneranno, spero, almeno per questa volta, la lunghezza dell’articolo che segue, ma la questione richiede uno spazio congruo per argomentare ed elaborare in modo esaustivo un pensiero divergente rispetto a quello dominante del conformismo populista, spesso alimentato dalla demagogia illiberale.
I Pirati vogliono ridurre drasticamente il numero dei parlamentari. Siamo a un passo, insomma, dalla data che segnerà l’inizio della tirannide. La riduzione del numero dei parlamentari, infatti, sta avvenendo attraverso una logica tirannica, autoritaria, contro la democrazia liberale. È un vero e proprio attacco micidiale alle nostre istituzioni liberaldemocratiche, contro la rappresentanza dei territori. E’ il ritorno degli ideologismi, dei dogmatismi e il tentativo di distruggere le culture politiche, la democrazia liberale rappresentativa. Siamo di fronte alla probabilità che venga messa una pietra tombale a qualunque, eventuale, possibile riforma uninominale e maggioritaria della legge elettorale. Quando si soffoca la filosofia liberale riemergono inevitabilmente le ideologie integraliste, fanatiche, ciniche, accecanti, assolutiste, totalitarie. È quanto sta accadendo oggi in Italia. Se non apriamo gli occhi, ben presto ci chiuderanno la bocca.
Ma io mi domando e dico: invece di ridurre la rappresentanza dei territori, dei collegi elettorali, delle circoscrizioni locali perché – eventualmente – non riducono gli stipendi e gli sprechi del Palazzo?
Se passa questa legge costituzionale di riduzione drammatica della democrazia rappresentativa e liberale, allora si aprirà ufficialmente il tempo di un vero e proprio Regime illiberale, pragmatista, ideologico, populista, antidemocratico. Spero che questo governo cada prima che faccia danni irreparabili. Attenzione alla ferocia di chi si scaglia sempre contro il Parlamento della Repubblica italiana. Vogliono ridimensionare il Parlamento per ridurre gli spazi di parola e democrazia. Vogliono creare un sistema istituzionale verticistico, con la conseguente cappa di piombo sulla separazione dei poteri teorizzata da Montesquieu.
L’iniziativa di dimezzare il numero dei parlamentari, non a caso, è stata sposata anche dal Movimento Cinque Stelle ed è un colpo gravissimo che la partitocrazia vuole infliggere, forse inconsapevolmente o per stupidità, ai cittadini democratici. In un’ottica liberale, invece, la legge elettorale maggioritaria e uninominale, che in Italia purtroppo ancora non c’è e non c’è mai stata (se non soltanto parzialmente con il “Mattarellum”), richiede l’individuazione di piccoli collegi elettorali. Dove vengano votate ed elette persone capaci di rappresentare quel determinato territorio e non essere, come accade oggi, l’emanazione ideologica e verticistica o clientelare di uno dei tanti partiti che formano il mono-polo unico del blocco partitocratico dell’attuale sistema di Potere e di Palazzo.
Ecco, quindi, che ritorna la necessità di ripensare e riformare una filosofia della libertà. Che cos'è il pensiero liberale? Innanzitutto, quella liberale è una filosofia e non un’ideologia. Nello specifico, potremmo definire il pensiero liberale, appunto, come una filosofia della libertà. Liberale è il concetto con cui si indica la laicità dello Stato. Inoltre, con la parola liberale, si definisce uno Stato che si fonda sulla libertà e sullo “stato di diritto”, anzi: che si fonda sulla legge uguale per tutti, come eredità della Destra storica di Cavour. Liberale a ciò che sfugge al conformismo, al clientelismo, all’omologazione.
Liberale è la politica che mette al centro la persona, l’essere umano, l’individuo e lo pone in relazione con l’altro, con l’alterità, con la libertà. L’umanità è il fine e la libertà è sia mezzo che fine. Liberale è il diritto umano alla conoscenza. Liberale è la circolazione delle idee. Liberale è la possibilità di ogni cittadino di potersi informare e formare liberamente attraverso l'accesso alla conoscenza. Liberale è il diritto del cittadino a conoscere le verità che ci vengono nascoste. Liberale è la libertà d’espressione, di parola, di fede. Liberale è la libertà dell’altro. Liberale è la responsabilità individuale. Liberale è il dubbio. Liberale è l’imperfezione. Liberale è apprendere dagli errori. Liberale è ripartire dopo un fallimento o dopo una sconfitta. Liberale è la ricerca delle verità. Liberale è il miglioramento di sé ed è anche il dialogo o il contraddittorio tra idee diverse. Liberale è la possibilità di essere migliore. Liberale è il vento corsaro…
Aggiungerei soprattutto che l’aggettivo liberale è il correttivo a tutte le storture della democrazia. Infatti, visto che non esiste “LA” democrazia, ma vi sono soltanto le democrazie, al plurale, cioè ci sono tante e diverse forme di democrazia, allora l’aggettivo liberale diventa un connotato precipuo per un tipo di democrazia capace di adottare il metodo liberale, cioè di fare del metodo liberale il proprio antidoto a qualsivoglia dogmatismo, populismo, tirannide o integralismo politico e religioso. Ad esempio, il dissenso non è democratico, ma liberale. Inoltre, la tutela delle minoranze non è una caratteristica tipica della democrazia quanto, piuttosto, un principio fondante della politica liberale e della filosofia liberale.
Già nel 1949, Giuseppe Maranini coniò il termine “partitocrazia”. Il vocabolo è contenuto, infatti, nel titolo del suo discorso all’inaugurazione dell’Anno accademico 1949/50 dell’ateneo fiorentino in cui insegnava: “Governo parlamentare e partitocrazia”. Tanto è vero che scriveva: “Se si concede che il potere effettivo passi dalle mani dello Stato e dei suoi organi, espressione dell’universalità dei cittadini, nelle mani dei partiti, si apre la strada al sistema del partito unico e pertanto del totalitarismo”.
È quanto accade oggi con il cosiddetto “Rosatellum”, cioè con l’attuale sistema di voto per le elezioni politiche e, in effetti, potrebbe essere una frase scritta questa mattina. Invece, l’ho estrapolata da un articolo del 15 luglio 1946 e intitolato “Totalitarismo dei partiti”, un pezzo di sconvolgente attualità, all’epoca pubblicato su “L’Arno”, un periodico locale di cui Maranini era anche finanziatore, stampatore e redattore.
Insomma, tornando ad oggi, ma tenendoci sulla scia delle tesi liberali di Maranini, è necessario comprendere come la proposta avanzata prima da Walter Veltroni e poi dal Pd di Matteo Renzi per il dimezzamento dei parlamentari vada proprio nella direzione sbagliata, cioè verso il sovvertimento totale e totalitario della nostra democrazia, ormai da tempo divenuta “democrazia reale”, come la definiva Marco Pannella mutuando l’espressione dal “socialismo reale”.
Ma siamo sicuri che la filosofia liberale di oggi, non aggiornata storicamente da un nuovo Constant o da un nuovo Tocqueville, sia nelle migliore condizioni per impartire lezioni al buon funzionamento delle attuali democrazie di massa?
È questa la sfida che ci si pone davanti: la capacità e la possibilità di dare un futuro alla politica riformatrice, liberale e libertaria. Ma per fare questo è necessario aggiornarla alle ambizioni politiche e culturali del presente, il che significa costruire un progetto ed un impianto liberale in grado di guardare ai prossimi quindici o venti anni. Ritorna utile, allora, recuperare quanto Marco Pannella diceva a Pier Paolo Pasolini nel luglio del 1974 durante una conversazione: “Ritengo che oggi un libertario, un anarchico, può portare avanti senza paura il discorso della Destra storica, il discorso della “Legge è uguale per tutti”. Infatti la legge uguale per tutti è “la meno violenta” delle leggi possibili. Essa fa di per sé regredire il quoziente di violenza implicito istituzionalmente nella legge”. Ecco, quindi, imporsi un’altra domanda: quanto e in cosa può essere ancora attuale l’eredità della Destra storica di Cavour, di Ricasoli, Quintino Sella, Minghetti, Spaventa, Lanza e del valtellinese Visconti Venosta?
È divenuto, allora, assai più valido oggi di quanto non lo fosse ieri quello che affermava Pannella a Pasolini nel loro incontro sopra citato: “Qualsiasi legge di emanazione liberale, se davvero fosse applicata fino in fondo, avrebbe un valore esplosivo. Perché il corporativismo, il clericalismo, il consumismo, queste forme diverse ma ugualmente chiare di ciò che io chiamo “Regime”, non tollerano per loro natura una legge liberale uguale per tutti”.
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Aggiornato il 08 luglio 2019 alle ore 13:34