Carola Alt

A valle del provvedimento con il quale il gip di Agrigento non ha convalidato l’arresto di Carola Rackete escludendo il reato di resistenza e violenza a nave da guerra, si nota una certa eccitazione in giro.

Nemmeno la vittoria dei Mondiali del 2006 con annessa capocciata di Zinedine Zidane a Marco Materazzi aveva svegliato così prepotentemente degli istinti a tal punto fasciolari. Ma tant’è, i gruppi di gaudenti sono sparuti ma abbastanza rumorosi e tradiscono una certa frustrazione di fondo dovuta probabilmente alla consapevolezza di non contare più nulla nel Paese. Ma molto nei palazzi. Era facile prevedere che l'avrebbero salvata.

Non comprendiamo le ragioni di una simile esaltazione anche perché – dopo un trentennio di provvedimenti giudiziari a capocchia – sinceramente non ci aspettavamo che quello sulla Capitana potesse essere un provvedimento capace di segnare una discontinuità ideologico-giudiziaria rispetto al passato. Certo, forse trattasi di motivazioni così sorpendenti da sembrare scritte da un Nicola Fratoianni qualsiasi, ma comunque l’esito era scontato già dall’inizio. Un normodotato non dovrebbe essere sorpreso dal provvediemtno in sé ma forse, al massimo, nauseato dalle motivazioni. Vista in chiave domestica, adesso tutti cantano vittoria: la sinistra plaude perché la sua nuova icona l’ha fatta franca in maniera vistosa e la destra si frega le mani perché grazie a queste evidenti forzature cresce nei sondaggi.

In realtà ciò che sfugge un pò a tutti non riusciamo a comprendere è che ha vinto lo sbraco generalizzato, quell’evidente prolasso della dignità di un popolo divenuto emotivamente incontinente e disposto a tutto pur di mascariare l’avversario. Un “muoia Sansone con tutti i filistei”, uno “sti cazzi” collettivo che ci seppellirà. Sul versante umanitario non hanno vinto certo le ragioni degli immigrati. Qualcuno si è accorto che, dopo lo sbarco, nessuno ne ha più parlato? Dove sono finiti? Quale sarà il loro destino? Stanno bene?

Niente di niente, i poveri migranti sono spariti dai radar non appena si è arguito che non fossero più strumentali alla battaglia politica. Perché i naufraghi erano solo un dettaglio, l’occasione buona per immaginare di poter ballare sul cadavere di Matteo Salvini e della sua politica migratoria tifando Rackete ovvero tifando disfatta. Ed il desiderio di appendere metaforicamente Matteo Salvini a testa in giù era così forte da spingere perfino dei parlamentari della Repubblica a salire sulla Sea-Watch per sostenere chi con prepotenza si arrogava il diritto di trasgredire quelle stesse leggi che promulgano le Istituzioni che essi rappresentano in quanto eletti dal Popolo. Senza un briciolo di decenza si sono fatti dettare la politica migratoria dalla Sea-Watch e sono stati pure contenti di farsi surrogare.

Insomma, era troppo evidente la voglia di fare il gesto dell’ombrello al ministro dell’Interno per pensare al decoro o alla rispettabilità del nostro Paese. Anche dall’altra parte, a nulla valgono gli strepiti di Matteo Salvini che se la prende con il destino cinico e baro o con la magistratura politicizzata: ci sono dei gruppi di pressione sia esogeni sia endogeni rispetto al Governo che di fatto rendono vana ogni azione di contrasto agli sbarchi. Piaccia o meno la situazione è questa. Ragion per cui bisognerebbe avere il coraggio politico di denunciare la cosa all’opinione pubblica facendo saltare il banco un minuto dopo. Tutto ciò che resta fuori da tale perimetro è derubricabile a mera propaganda ai fini elettorali. Salvini si svegli e si sottragga a queste umiliazioni.

Ma allora chi ha vinto? Hanno vinto gli scafisti che da oggi potranno continuare indisturbati a fare i loro giochini al largo della Libia con l’avallo dell’Italia, hanno vinto le organizzazioni “non governative” che sono diventate di fatto “governative” visto che decidono quali leggi siano giuste a quali leggi vadano violate, ha vinto l’arroganza europea che pretende di trasformare l’Italia in un campo profughi esigendo di non occuparsi del problema, ha vinto una concezione ideologica della giustizia che vorrebbe farci credere che Cristo sia morto di freddo (non c’è speronamento e la motovedetta della Finanza non è nave da guerra, non c’è resistenza all’alt, il decreto non si può applicare a chi soccorre i migranti, l’attracco a Lampedusa è legittimo, anzi doveroso).

Ma intanto c’è qualcuno che festeggia ricordandoci la stringente attualità del detto arabo secondo il quale “sui cadaveri dei leoni festeggiano i cani credendo di aver vinto. Ma i leoni rimangono leoni e i cani rimangono cani”. Ma lasciamoli ballare.

Aggiornato il 04 luglio 2019 alle ore 11:31