
Un dossier tecnico sarebbe passato, di mano in mano, sopra il tavolo in cui i due vicepresidenti politici, con il notaio tecnico (il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte), avrebbero dovuto ieri benedire l’astiosa intesa sulle autonomie regionali.
Quella sorta di “tenda a ossigeno” che - almeno fino a ieri - teneva in vita la coalizione: con la solenne promessa, fatta sotto l’umida Pontida e santificando un rito barbaro palesato dall’ampolla piena di acquasanta del sacro fiume Po che teneva unite le orde leghiste nordiche, di realizzare la mitica autonomia differenziata; quella Veneta, in primis. Invece il documento ha messo seriamente in dubbio tutta la sostenibilità dell’azzardo che pure altre realtà cispadane avevano sottoscritto.
Innalzamento della spesa pubblica (già sotto la lente di ingrandimento Ue), con notevoli ripercussioni sull’equilibrio di bilancio, sono i due polmoni su cui si genera il poderoso soffio che potrebbe far crollare il mitico bluff leghista.
“L’intero Titolo V della Costituzione” sarebbe messo in pericolo. Per cui la paventata “sussidiarietà”, in realtà, sarebbe solo fuffa. E i denari che il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha gettato dalla finestra per sostenere le spese di un referendum-truffa, chi li restituirà al popolo veneto?
I sogni di gloria della Lega 2.0 che fine faranno? Non è così logica la conclusione. Già altre manovre diversive sono in corso. Attendiamo la prossima invenzione salviniana.
Aggiornato il 26 giugno 2019 alle ore 11:42