Milano-Cortina: alla faccia dei grillini

Evviva siamo felici di questa vittoria di Milano e di Cortina d’Ampezzo, della Lombardia e del Veneto, soprattutto dell’Italia e degli italiani, seppure con qualche eccezione.

Insomma, un po’ di nazionalismo sano non solo ci sta bene, ma corrobora, e applicarlo più spesso aiuterebbe eccome. Complimenti dunque a Sala e a Ghedina, a Fontana e a Zaia, e naturalmente al Coni, per un risultato che premia l’impegno, l’intelligenza politica e sportiva di tutti, tranne di chi oggi ipocritamente e con spudoratezza si accoda per opportunismo elettorale.

Del resto come dimenticare il no ai giochi invernali da parte della giunta comunale di Torino e, peggio, quello di Roma per le Olimpiadi. Il rifiuto che fu, della Appendino e della Raggi, infatti, rappresenta la testimonianza plastica del fallimento di un movimento privo di affidabilità e di capacità politica e gestionale.

Qui non si tratta solo di constatare dopo 3 anni come siano messe Torino e (drammaticamente) Roma, si tratta di onestà intellettuale verso il Paese. Da quando esistono i grillini hanno solo detto no a tutto ciò che sarebbe utile e sì a quello che si è dimostrato inutile e dannoso. Parliamo ovviamente non solo delle Olimpiadi, ma della Tav, dell’estensione della Tap, del rilancio dell’Ilva, dei termovalorizzatori, di infrastrutture, insomma di crescita e di sviluppo vero. Tanto è vero che gli unici sì dei figliocci di Beppe Grillo si sono avuti per quei provvedimenti veterocomunisti che sanno di vecchio e di leviatano, dal reddito oltretutto mal studiato al decreto dignità, dalla prescrizione al salario minimo.

Insomma, siamo seri, ma ad un Paese malato di crescita, di giustizia lenta, di assistenzialismo, di sviluppo infrastrutturale, si può somministrare la malattia anziché l’antidoto? Sarebbe come mettere al gelo ed alla neve un malato di polmonite, non vi pare? Ecco perché diciamo che questa vittoria arrivi “alla faccia dei grillini”; di quelli insomma che non volevano le Olimpiadi, né invernali né globali.

L’Italia ha bisogno di sviluppo come il pane, della Tav magari per due anzi per tre, dei termovalorizzatori ovunque, ha bisogno dell’acciaio, di industria nuova, di occupazione produttiva e non nullafacente. Al Paese serve una giustizia rapida, altro che prescrizione a favore di processi eterni; serve meno Stato e meno burocrazia e non navigator e certificati, serve il mercato sano del lavoro invece del salario minimo da gosplan sovietico.

Per l’Italia è necessario un elettroshock di liberal democrazia, cultura dello sviluppo, della libertà di impresa e di intrapresa, serve la dismissione dell’inutile e la valorizzazione dell’utile, un fisco che stimoli e premi, piuttosto che torturi e mandi ai pazzi. Ecco perché la vittoria di Milano e di Cortina è la vittoria di tutti e la sconfitta dei grillini. Hanno poco da esultare i pentastellati, dovrebbero chiedere scusa e fare pentimento pubblico, anzi dovrebbero proprio tornare a casa, perché il dado è tratto e non c’è più scusa.

Aggiornato il 26 giugno 2019 alle ore 10:53