Ora c’è il disco verde del Consiglio dei ministri. Il decreto Sicurezza bis ha il via libera dell’esecutivo. Nuovi poteri, “di concerto con ministero della Difesa e delle Infrastrutture”, sono assegnati al ministero dell’Interno. Il Viminale potrà vietare l’ingresso nelle acque territoriali alle navi per “motivi di ordine e sicurezza pubblica” oppure quando, “non avranno rispettato le leggi di immigrazione vigenti”.
Così, sul fronte migranti, Matteo Salvini avrà “pieni poteri” per fermare le navi umanitarie delle Ong. I trasgressori, dal comandante all’armatore al proprietario della nave, incorreranno in una multa da 10 a 50mila euro. Non solo. Si potrà arrivare fino al sequestro e alla confisca.
Secondo Salvini il decreto è “rispettoso di qualunque norma vigente in Italia e all’estero”.
Intanto, lo stesso vicepremier leghista annuncia la chiusura, entro metà luglio, del Cara di Mineo, il centro per richiedenti asilo in provincia di Catania. Salvini parla di una “buona notizia per chi, per anni, ha vissuto in zona subendo criminalità e disagi”. Nel centro attualmente ci sono 152 persone; quando si insediò il governo giallo verde a giugno dell’anno scorso gli immigrati presenti nella struttura erano 2.526. Il picco è stato registrato il 7 luglio 2014 con 4.173 ospiti.
“Grazie ai porti chiusi – sostiene il leader del Carroccio – abbiamo svuotato i grandi centri come Cona e Bagnoli in Veneto e Castelnuovo di Porto a Roma. Ora è il turno di Mineo. Un pensiero particolare ai familiari e agli amici di Vincenzo Solano e Mercedes Ibanez, brutalmente uccisi nel 2015 da un delinquente immigrato che viveva nel Cara. Ai loro cari il nostro pensiero e il nostro abbraccio: non ci siamo dimenticati”.
Quanto alle norme che colpiranno i manifestanti violenti, e i dubbi su una eccessiva stretta alle libertà costituzionali, Conte precisa: “L’originaria versione poteva essere meno nitida. Ora è precisato che riguarda chi crea “un concreto pericolo per l’incolumità delle persone o l’integrità delle cose”. Aggiunge Salvini: “Così come è scritto adesso, è chiaro che non riguarda lo studente o l’operaio che manifesta pacificamente le sue idee. Diverso chi aggredisce agenti o carabinieri munito di mazze, caschi, razzi. Non penso che la libertà di pensiero passi per strumenti di questo tipo”.
Frattanto, “ad un anno dall’annuncio del governo italiano di chiudere i propri porti alle navi umanitarie almeno 1.151 persone, uomini, donne e bambini, sono morte, e oltre 10mila sono state riportate forzatamente in Libia, esposte ad ulteriori ed inutili sofferenze”. Lo scrivono Sos Mediterranee e Medici senza frontiere che chiedono di garantire con urgenza un sistema di ricerca e soccorso in mare adeguato, “compreso un coordinamento delle autorità competenti nel Mar Mediterraneo, per evitare morti inutili”.
Annemarie Loof, responsabile per le operazioni di Msf, sostiene che la “risposta dei governi europei alla crisi umanitaria nel Mar Mediterraneo e in Libia sia stata una corsa al ribasso. Un anno fa abbiamo implorato i governi europei di mettere al primo posto la vita delle persone. Abbiamo chiesto un intervento per mettere fine alla disumanizzazione delle persone vulnerabili in mare per finalità politiche. Invece, ad un anno di distanza, la risposta europea ha raggiunto un punto ancora più basso”.
Da quando è stato bloccato l’ingresso nei porti italiani alla nave di ricerca e soccorso Aquarius, gestita da Sos Mediterranee in collaborazione con Msf, esattamente un anno fa, “lo stallo è diventato la nuova regola nel Mar Mediterraneo centrale, con oltre 18 incidenti documentati”, fanno sapere le due organizzazioni. Questi blocchi si sono protratti per un totale di 140 giorni, ovvero più di 4 mesi in cui 2.443 uomini, “donne e bambini sono rimasti trattenuti in mare mentre i leader europei decidevano il loro futuro. La criminalizzazione del salvataggio di vite in mare non solo porta conseguenze negative per le navi umanitarie, ma sta erodendo il principio fondamentale del prestare assistenza alle persone che si trovano in pericolo”.
Sam Turner, capomissione Msf in Libia ricorda che “un anno fa chiedevamo che stalli politici pericolosi e disumani in mare non costituissero un precedente. Invece, è esattamente quello che è successo – afferma – questa impasse politica tra i paesi europei e la loro incapacità di mettere la vita delle persone al primo posto, è ancora più scioccante oggi mentre i combattimenti continuano a imperversare a Tripoli”.
Aggiornato il 12 giugno 2019 alle ore 14:29