
Domenica sera si sono chiuse le urne in tutti i ventotto stati membri coinvolti nella nona edizione delle elezioni europee, volte al rinnovo dei deputati che rappresentano i paesi membri dell'Ue all'interno del Parlamento di Bruxelles. Ma al di là delle cifre relative a vincitori e vinti, quanto, ancora una volta, hanno contato i social media nella scelta dei partiti e dei candidati, e quanto le fake news hanno influenzato l’orientamento del voto? Lo spettro della disinformazione ed il proliferare delle false notizie si è fatto come sempre più temibile a ridosso della tornata elettorale, ma secondo una ricerca del Computational Propaganda Project dell'Oxford Internet Institute britannico, nelle settimane immediatamente antecedenti alla chiamata alle urne, le notizie condivise ed il ricorso all’informazione in rete ha premiato nella stragrande maggioranza dei casi le testate ed i media professionali.
Nello specifico, questa ricerca ha preso in esame quasi seicentomila tweet diffusi da 188 mila utenti in sette lingue (inglese, francese, spagnolo, tedesco, polacco, svedese e italiano), con gli hashtag riferiti alle elezioni europee come #eu2019, #26maggio o #stavoltavoto e nel periodo compreso tra aprile e maggio 2019: secondo le rilevazioni, si sono evidenziate proporzioni molto basse di “notizie spazzatura”, nello specifico meno del 4 per cento, e pochissime le condivisioni delle tanto temute fonti russe, da sempre nel mirino per la loro poca affidabilità; le fake news più numerose sono state rilevate in ambito locale, in particolare nelle sfere di lingua tedesca ed inglese, anche se la classifica è guidata dai polacchi con il 21 per cento di informazioni non attendibili. Vengono invece condivise e rilanciate molte più notizie provenienti da testate professionali e in particolare guidano la classifica The Guardian, Le Figaro, Der Tagesspiegel e Ansa.
Anche per quanto riguarda Facebook, l’altro colosso social dove viaggiano considerevoli volumi di notizie, le informazioni spazzatura che derivano da siti non professionali, pur tendendo ad avere un engagement alto, sono fortemente contrastare dall'editoria tradizionale: ad esempio, nella finestra temporale considerata dalla ricerca, le storie pubblicate dal Guardian sono risultate condivise 3,4 milioni di volte, quasi sedici volte tanto le storie di tutti i siti di fake news messi insieme.
Proprio il social media di Zuckerberg, non nuovo alla recente lotta contro l’informazione ingannevole ha pubblicato la scorsa settimana la terza edizione del suo Community Standars Enforcing Report un rapporto pubblico che descrive gli sforzi dell’azienda per mantenere la piattaforma libera da profili falsi, materiale abusivo, attività illegali, spam e altri contenuti indesiderati.
Nel report, Facebook dichiara di aver bloccato nel primo trimestre del 2019 ben 2,19 miliardi di account risultati falsi e di aver rimosso quasi 4 milioni di post risultati inidonei rispetto gli standard del social media perché di incitamento all’odio. Tutto questo grazie a nuove tecniche di rilevazione basate sull’intelligenza artificiale e su un team di 15 mila moderatori addestrati. Guy Rosen, vicepresidente del colosso della Silicon Valley, ha affermato: “In sei delle aree politiche che includiamo in questo rapporto, abbiamo rilevato proattivamente oltre il 95% dei contenuti su cui abbiamo agito prima di aver bisogno che qualcuno lo segnalasse”.
Nel complesso, quindi, nelle settimane precedenti il voto, gli elettori europei hanno prevalentemente condiviso contenuti di qualità offrendo risultati incoraggianti nella lotta alle fake news ed offrendo un deciso miglioramento rispetto a precedenti tornate elettorali degli anni passati.
Aggiornato il 29 maggio 2019 alle ore 17:16