Governo: Salvini fissa i paletti, Di Maio fa autocritica

Il rapporto di forze è ribaltato rispetto a un anno fa. Nel 2018, il Movimento cinque stelle ottiene il 32,68 per cento alla Camera, mentre la Lega raggiunge il 17,37. Alle Europee, il Carroccio sfonda la soglia del 30 per cento (34,3) e M5s il arretra pericolosamente al 17,1 per cento. Matteo Salvini esulta: “A Riace e Lampedusa, i due comuni che la sinistra ha scelto come simbolo dell’antisalvini, la Lega ha vinto con oltre il 30 per cento. Quella sui migranti sarà la prima battaglia che vinceremo in Europa, la geografia in Europa è cambiata”.

Ma nonostante la vittoria, il vicepremier del Carroccio conferma la tenuta del governo: “Non mi interessa il riequilibrio dei poteri interni. Ho sentito il premier Conte, la lealtà della Lega non è in discussione”. Quanto a Di Maio, “siamo fermi ai messaggi di ieri notte. Ma nervi saldi, testa alta per quanto riguarda noi, questo è quello che gli italiani ci chiedono”. Il ministro dell’Interno fissa i paletti: “Ridurre le tasse, accelerare su autonomia e infrastrutture”.

Dal canto suo, Di Maio, in conferenza stampa al ministero dello Sviluppo Economico, ringrazia “i 4,5 milioni che hanno votato il M5s. Grazie anche chi non ci ha votato. Perché dal loro comportamento noi impariamo e prendiamo una bella lezione. Faccio i complimenti alla Lega e al Pd e a tutti i partiti che hanno avuto un incremento”. Ma proposito del contratto di governo, “non si cambia e lo tuteleremo: saremo argine”.

Ora Di Maio pensa che “si debba andare avanti per fare le cose. Se ci sono delle richieste che vengono dalla Lega, aspetto che si facciano di persona, mi auguro sia finita la stagione in cui ci diciamo le cose a mezzo stampa. Ho sempre trattato la Lega alla pari, non ho mai fatto pesare che si dovevano approvare due provvedimenti ogni provvedimento della Lega. Anche per questo per me non cambia nulla”.

Il vicepremier grillino assicura che porterà “avanti il programma di governo, con assoluta lealtà al nostro principale alleato, che è il contratto. Non rinunceremo mai a dire quello che non ci sta bene, ad arginare proposte che non stanno nel contratto, tutelandolo da idee che possono essere estreme e favorire l’illegalità. È arrivato il momento di dare seguito al progetto di riorganizzazione. Bisogna accelerare e per farlo il Movimento ora ha bisogno d tutti: l’obiettivo è una organizzazione più efficace ed efficiente”.

Ma Di Maio trova il tempo anche per lanciare l’ennesima stilettata a Salvini. “Non mi pento assolutamente” delle dimissioni richieste al sottosegretario Armando Siri della Lega.

Poi, il capo pentastellato sposta l’attenzione sul governo. “Oggi – ha detto – ho sentito Giuseppe Conte e gli ho chiesto di convocare il prima possibile un vertice di governo. Dobbiamo lavorare alle promesse che abbiamo fatto agli italiani”. Infine, chiarisce: “Nessuno ha chiesto le mie dimissioni. L’unica cosa che mi interessa è mettermi al lavoro per mantenere le promesse fatte agli italiani, e tra queste c’è la coesione nazionale”.

Eppure, tra i grillini c’è già chi, come Paola Nugnes, invoca apertamente un passo indietro del ministro dello Sviluppo Economico, auspicando l’avvento della nuova leadership del presidente della Camera Roberto Fico. “In ogni partito, in ogni azienda – ha detto la senatrice grillina – a seguito di un risultato di questo tipo, sarebbe necessaria una revisione della struttura dirigenziale, e quindi anche della leadership di Luigi Di Maio. Il capo politico non può essere anche nell’esecutivo: questo inficia la divisione dei poteri che è alla base della democrazia”. Per la Nugnes, la sconfitta è frutto “della forzatura di un verticismo esasperato. Se uno si prende la responsabilità delle scelte poi si prende la responsabilità delle conseguenze”.

Aggiornato il 27 maggio 2019 alle ore 18:19