Perseverare italidiotum est

La prima alba è durata molto; erano primitive l’esistenza, la conoscenza e l’esperienza, ma l’essere umano apparso nei territori di quella che sarebbe stata la futura Italia, si mostrò subito intelligente. La sua traccia risale al paleolitico e da lì, fu terramaricolo, appenninico, villanoviano, italico, etrusco, latino e così via, dimostrando sempre intelligenza e voglia di osservare per capire. Quell’antico essere umano ha attraversato i millenni con una sorta di medaglia d’oro attaccata al petto. Ha primeggiato nella cultura, nella scienza, nell’arte e in ogni campo, percorrendo la storia fino a essere protagonista del Rinascimento, del Risorgimento e di mille altre eccelse cose. Insomma, era un uomo che si affermava perché sapeva osservare e capire; ma poi cos’è successo? Cos’è diventato quell’essere umano, all’inizio del terzo millennio dopo Cristo?

La civiltà, si fa per dire, italiana degli anni Duemila, come sarà chiamata dalla storia? Che tristezza; si parlerà d’imbecillismo, ignorantismo, fanfaronismo, buffonismo, vanaglorismo o cos’altro?

Come ritroverà la ragione un popolo che si mostra quotidianamente viscerale e sprovveduto, specialmente in materia politica e sociale?

La cultura del superficiale induce fanaticamente a credere d’aver capito anche ciò che non si è capito.

In questo modo, si ritiene superfluo credere, impegnarsi e fare squadra; in questo modo, ci s’illude d’avere spazi che in realtà non si hanno. Ci si ripete e convince di non avere alcuna colpa, nonostante si stia vivendo una bassa esistenza. La vanagloria porta a comunicare recitando degli slogan e a pontificare con immediatezza un sacco di sciocchezze.

Siamo vittime dell’invadenza di chi pretende “dimensione” senza essere nulla, di chi fa l’illuminato mentre è più al buio d’una lampadina spenta, di chi vuole essere capo ma è meno di uno schiavo, di chi vuole insegnare senza sapere, di chi pretende d’imporre la propria presunzione quale preparazione e saggezza. A coloro che sono immediatamente sicuri di tutto, accade di non sapere vedere oltre il proprio naso e di credere costantemente d’essere nel giusto, mentre a sbagliare sono sempre e solo gli altri.

Ok, ciascuno la veda come vuole, ma la nostra società può definirsi felice?

Siamo circondati dalle conseguenze dei nostri infiniti errori che ci dimostrano quanto siamo perdenti. Ce ne accorgeremo anche nelle elezioni di questo fine settimana, dato che, qualunque cosa cambi, non cambierà nulla. Perché?

Perché la politica migliora se migliora il popolo, ma il nostro popolo sta transitando in una lunga stagione di deterioramento.

A vedere certe posizioni popolari prese nei confronti di certa spacconeria politica, viene vergogna d’appartenere all’Era “italidiota”. La comoda esaltazione della facilità, ha portato ad abiurare l’intelligenza che permette di capire la complessità del mondo. Cambiamo strada e puntiamo ad una maturità popolare diversa! Le elezioni serviranno a qualcosa, se impareremo a votare l’intelligenza invece della vanità e della spacconeria.

Aggiornato il 22 maggio 2019 alle ore 19:12