A difesa dell’Ena

“Houston: abbiamo un problema..”. Da enarque a enarque: caro Presidente Emmanuel Macron dissento! In generale, il parricidio non è un atto di generosità o di equità. E l’Ena, la casa comune dei “Grands Commis” francesi ma anche di tantissimi loro colleghi stranieri (come me) provenienti da tutte le democrazie del mondo per volontà stessa dei Padri fondatori, è il comune genitore dell’alta formazione amministrativa dei licenziati di quella Istituzione. Certo, la Sua riforma va letta con molta più attenzione di questa mia lamentatio un po’ troppo giocata sulle emozioni e sui ricordi di una gioventù ormai lontana. Dalle indiscrezioni pubblicate dalla stampa francese e non solo la Sua iniziativa presidenziale, cioè, si strutturerebbe all’interno di una logica più asettica della razionalizzazione delle Grandes Écoles francesi. Ovviamente, sul principio di fondo che muove la riflessione al cambiamento non si può che essere pienamente d’accordo. Oggi, alla vecchia Scuola gloriosa de Rue de l’Université (a proposito: che senso ha averla sradicata dal cuore del Marais parigino, generatore di scienza cultura e arte, per spostarla nella freddissima Strasburgo che ne esalta fin troppo la congiunzione con “l’Entente” storica franco-tedesca del Secondo Dopoguerra?) si vorrebbe sostituire un qualche super-organismo della formazione superiore che fornisca ampie garanzie sulla selezione per merito e non per censo e ceto come, in effetti, è avvenuto fin dalla fondazione dell’Ena.

Ma, come Lei sa bene, caro Presidente, il problema non è questo. O almeno, non tutta la verità è incardinabile sul punto dell’indiscutibile equità e delle pari opportunità democratiche nell’accesso ai vertici della Funzione Pubblica. Nella sua logica interna, infatti, l’Ena ha costituito una sorta di passepartout che dall’Alta Amministrazione pubblica consentiva (consente?) il passaggio alla tolda di comando delle grandi Holding pubblico/private francesi e l’accesso privilegiato agli incarichi e alle funzioni di governo centrale e più raramente locale. Ora, l’interrogativo strategico può essere genuinamente il seguente: si tratta quest’ultima di un’anomalia del sistema (dato che il cortocircuito “Burocrazia-Politica” coincide in fondo con la figura antinomica e incompatibile del “Controllato-Controllore”) o di una procedura in fondo del tutto legittima per un cursus honorum all’interno delle responsabilità politiche di rilevanza nazionale? Lei, in fondo, come Hollande e altri Suoi predecessori, non ha sviluppato la spina dorsale e le sue capacità amministrative proprio grazie a quella prestigiosa leva che l’ha condotto così giovane all’Eliseo? Sennò diciamo delle eresie tipo “uno-vale-uno” consegnando le chiavi del Governo nazionale perfino alla “Casalinga di Voghera” confidando sul fatto che, secondo la Costituzione, ogni pubblico amministratore si dovrebbe comportare come un buon padre (madre) di famiglia. Pare, però, che l’esempio italiano sconsigli vivamente una sua eventuale riedizione in altri contesti nazionali.

Certo, aver frequentato l’Ena non può essere un prerequisito per fare politica. Però, funzionerebbe benissimo come.. “coadiuvante”. La mia tesi, da quando sono tornato in Italia dopo Parigi, è stata sempre la seguente: “se serve una ‘patente’ per fare una cosa banale e a portata di tutti come guidare un’automobile, perché la stessa cosa non si ritiene assolutamente indispensabile per mettersi alla guida del Bastimento-Stato i cui snodi sono infinitamente più complessi di un meccanismo qualunque?”. Perché è chiaro che la Politica (capital-P) costituisce la summa di competenze ultraraffinate, che vanno dalla Pubblica Amministrazione, alla Diplomazia, alla Finanza e al Bilancio dello Stato, ovvero al sapersi avvalere delle leve macroeconomiche per indirizzare le politiche pubbliche. Allora, se mi fosse concesso di fare una banale proposta, io opterei per integrare quanto sopra ridenominando l’attuale Istituto in “Scuola Nazionale dell’Amministrazione e della Formazione Politica”, opposta, cioè, a quella “partitica” in quando prescinderebbe dalle legittime scelte di campo per offrire strumenti universali di condotta, analisi e giudizio che costituiscono, per l’appunto, la ratio della “patente” suddetta e, quindi, un ottimo viatico per esercitare la responsabilità politica! Poi, sempre grazie alla mia formazione di enarque, in questi ultimi quaranta anni ho sviluppato in trecento pagine il mio “algoritmo” di Stato Leggero di cui mi piacerebbe parlarne anche con Lei, M. Le Président. Sincerely Yours.

Aggiornato il 10 maggio 2019 alle ore 12:53