Non si fanno prigionieri

L’ennesimo, inutile, malmostoso attacco da parte della solita e ripetitiva sinistra intellettuale italiana, attivato nei giorni scorsi contro l’editore Giubilei Regnani, da parte di Christian Raimo, si è alla fine rivelato un boomerang ritortosi contro lo stesso accusatore, costretto a rassegnare le dimissioni dallo staff dei consulenti dell’incombente salone del Libro di Torino.

A volte l’eccesso di hybris conduce a soddisfare le proprie voglie – lo dico parafrasando Bocca di Rosa di Fabrizio De André – e di conseguenza, secondo un antico adagio arabo più volte riportato da René Guénon: “Al mercato, prendi ciò che vuoi e pagane il prezzo”. Insomma, una non certo bella figura, evitabile se ci fosse stato maggiormente il senso dei propri limiti. Ma questa peculiare virtù oggi si è fatta vieppiù rara e inafferrabile, non soltanto a sinistra ma anche a destra, questi ultimi troppo intenti ad altro, dopo essersi lasciati scippare l’intero settore culturale per generazioni.

Certo adesso assistiamo ad alcuni tentativi di recupero, ma tranne pochissimi casi isolati e Giubilei è uno di loro (e spesso sottaciuti da parte della stessa destra perché infastidenti), formati per lo più da slogan e dichiarazioni d’intenti difficilmente seguiti da realtà… Vuoi per un eccesso di autostima, vuoi per un corporativismo fazioso che autoalimenta soltanto ristretti clan dediti al culto narcisistico del capo ideologico di riferimento.

Gli intellettuali di sinistra sono terrorizzati, è evidente anzi “fattuale” direbbe il Feltri di Maurizio Crozza, dall’aver scoperto che esiste invece “vita su Marte”, quel Marte invaso dai “fascisti” già molti decenni fa con le firme di chi ha di poco preceduto la mia generazione, formando chi scrive come altri ben migliori. Oggi i tempi sono cambiati, chi allora era l’avanguardia della tradizione, in una visione mitica, simbolica e spirituale e pertanto rivoluzionaria, oggi è stato sostituito da altro e non sempre da qualcosa di meglio.

Tuttavia il rancore livoroso della sinistra intellò, dei Wu Ming, dei “piùeuropeisti”, sta diventando una ridicola pochade molto più anacronistica di qualsiasi altro tradizionalismo reazionario che si rifaccia a Julius Evola. Quella stessa intellighenzia progressista che insieme alla congerie radical chic a suo tempo difese Cesare Battisti, rimasta sclerotizzata a un Sessantotto ipertrofico che ha occupato militarmente ogni campo della cultura italiana – colpa di una destra assente per decenni, sia ben chiaro – oggi non vuole cedere il campo, fingendo di non vedere il proprio, ineluttabile, triste e spesso ridicolo fallimento, mentre noi “felici pochi”, con le parole di un autore di sinistra a me particolarmente simpatico, Bertolt Brecht, preferiamo sederci dalla parte del torto, visto che tutti gli altri posti sono già occupati.

Aggiornato il 06 maggio 2019 alle ore 11:11