
I dati parlano chiaro e ci dicono che le società italiane del lusso sono tra le prime nel mondo come fatturato, e prime nel mondo in quanto al numero. Cioè, siamo il Paese che ha più aziende del lusso al mondo. Per di più prime in classifica come fatturato. Questo dato è di fondamentale importanza per l’assetto economico e politico dell’Italia nel più vicino futuro. Le società italiane di cui si parla sono private. C’è a capo una fitta organizzazione e molta competenza coordinata e gestita, scelta da privati, persone e società che non sono né pubbliche né riconducibili al pubblico. Si consideri che oggi c’è non solo la recessione in Italia, vale a dire un mercato fermo tendente all’indietro, ma anche l’Europa tutta è economicamente in frenata, così come la Cina, ad esempio, per parlare di interi continenti in piena frenata economica.
Differentemente da tutto ciò, ma in linea con l’andazzo consueto, costituiscono una vera e propria zavorra le aziende e le società pubbliche italiane partecipate o di proprietà dello Stato. Cosa ne deducete voi? Cosa è facile dedurre da quanto qui detto e dai dati arcinoti, oggi più che mai? Si guardi alle società ed agli enti pubblici come Rai o Alitalia, si guardi cioè a tutti quelle amministrazioni pubbliche a gestione pubblica ed in mano allo Stato italiano. Esse non funzionano. Sono piuttosto idrovore o buchi senza fondo, neri, che inghiottiscono e dentro cui scompaiono soldi pubblici, cioè nostri, di tutti noi, senza che ciò sia utile o serva né a farle riemergere né tantomeno a prosperare.
Buchi neri come è ad esempio il Comune di Roma o la Regione Sicilia, le università pubbliche così come ogni altro ente e società, amministrazione pubblica, dentro cui sono gettati i nostri soldi senza controllo alcuno né possibilità di rivitalizzazione. Dunque, osserviamo tutti dove il mercato funziona e prospera, cioè le società commerciali private e dove lo stesso non funziona e, di fatto, non esiste (non è mercato quello in cui si buttano dalla finestra inutilmente i soldi di noi tutti, cioè sempre quelli degli altri tutti da parte di chi sigla disposizioni nefaste del genere, non rispondendone).
Le conseguenze da trarre, a me paiono ovvie e scontate. Non bisogna tassare ma detassare grandemente in modo da sguinzagliare gli animi e le menti, le società dei privati nel vero mercato competitivo del lavoro e del profitto, della produttività e della produzione. Bisogna convertire i ministeri e gli enti improduttivi italiani in attività che “tirano” nel mercato economico globale. Questo è il compito della politica, funzionale alla produzione ed alla produttività del nostro Paese nel mercato.
Aggiornato il 16 aprile 2019 alle ore 17:10