Giocagiò era un programma per bambini della fine degli anni Sessanta, dove i ragazzini gareggiavano e giocavano con i disegnini, i pennarelli, i pallottolieri e i palloncini colorati.
Questo sembra essere il proscenio della maggioranza e del governo, una sorta di asilo, “ho ragione io e torto tu, io sono più bravo, e io più bello, voglio questo, e io invece quello, l’ho detto prima, mi fanno i dispetti”. Un ritornello infantile, insomma.
È così che purtroppo l’Italia si avvia alle elezioni europee, dove peraltro la confusione tra gruppi e appartenenze regna sovrana; c’è di tutto, una specie di isola di Wight. Tanto è vero che la corsa al deposito dei simboli si va chiudendo con un fiorire di partiti e movimenti da fare il solletico ad una tavolozza da pittori, a conferma di quanto l’Europa sia fallita, nel progetto di appartenenza, solidarietà e condivisione.
Da noi poi non ne parliamo, siamo al tutti contro tutti, e con questo governo e questa maggioranza ha raggiunto livelli tali che sarebbero da comica, se non fosse che precipitiamo. Infatti, in occasione della presentazione del Def, tra leghisti e grillini, con l’aggiunta delle intemerate del Premier Giuseppe Conte e del ministro Giovanni Tria, è una battaglia campale, una rissa quotidiana, sesquipedale.
Flat tax sì oppure no, Tav, quota 100 sempre, o solo per un po’, cantieri si parte, o forse no, manovra correttiva, chi nicchia e chi la rifiuta, uno zibaldone di capricci, dispetti, veti incrociati, ripicche, che farebbero sorridere anche Leopardi. Insomma dal Premier, che dopo l’anno bellissimo, giura su un semestre da Formula 1, a Tria che garantisce l’assenza di una manovra aggiuntiva, per finire ai leghisti e ai grillini di governo, c’è solo l’imbarazzo della scelta per premiare la sciocchezza migliore. Eppure, tutti gli indicatori parlano chiaro, vedono segni di crescita zero, sugli investimenti l’orizzonte nero, lavoro e produzione un quadro scuro, fiducia e consumi non aumentano di sicuro, che dire?
Come se non bastasse, nella seconda metà dell’anno si prevede un aggravamento dello spread, una probabile procedura dell’Europa, la necessità di aggiustare i conti, un peggioramento dei mercati. Per farla breve, l’opposto di Conte, nulla di buono, ecco perché le liti ed i capricci, le dispute da ragazzini fra Luigi Di Maio e Matteo Salvini sono da mani nei capelli. Dai numeri e dalle cifre purtroppo non sfuggiremo, saranno guai e lo vedremo.
La maggioranza non si può permettere questo giocagiò, meno che mai di stuzzicare i mercati con una sicumera ridicola, né può permettersi di ritenere dei cretini gli osservatori, gli operatori economici e soprattutto i cittadini. Serve di chiudere subito questa malaugurata esperienza di governo, l’alleanza coi grillini non funziona, non sanno fare, pensare e governare, chi dice il contrario dovrebbe parlare coi romani. Eppure in giro sentiamo dire, che altro si poteva fare? In caso di crisi Sergio Mattarella metterebbe un nuovo Mario Monti per farci spellare bene bene. Suvvia, non scherziamo, ma un nuovo Monti chi lo voterebbe? Quale maggioranza lo sosterrebbe? chi darebbe il via ad un tecnico dello spolpamento fiscale? Chi prenderebbe una responsabilità tanto demenziale? Nessuno e il Capo dello Stato lo sa bene, non è uno sprovveduto, anzi il contrario, Mattarella sa che un nuovo Monti non passerebbe nemmeno sotto supplica, dunque se fosse crisi, qualche mese e poi il voto, elezioni. Vincerebbe il centrodestra, il Paese tornerebbe a respirare, i grillini finirebbero a sinistra coi neocomunisti del Partito Democratico, tornerebbe il bipolarismo e un futuro possibile e più normale.
Aggiornato il 08 aprile 2019 alle ore 11:36