
Uno dopo l’altro, ecco i rappresentanti delle istituzioni e i leader politici italiani recarsi in pellegrinaggio in Qatar. A fare da apripista è stato il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, il cui contestato viaggio d’affari in quel di Doha, alla fine del mese di ottobre dello scorso anno, ha preceduto la memorabile cena al Quirinale dove è stato l’intero sistema-paese a inchinarsi davanti alla figura dell’emiro Tamim bin Hamad al-Thani. In diverse occasioni questo stesso sistema si è poi prestato ad agire come portavoce e appendice del Qatar in Italia, come nel caso delle polemiche legate allo svolgimento della Supercoppa di calcio a Gedda o al possibile ingresso dell’Arabia Saudita nel consiglio di amministrazione del teatro La Scala di Milano.
Del 26 marzo è invece la notizia della visita lampo a Doha del sindaco di Roma, Virginia Raggi, ricevuta con il suo staff dall’emiro in persona per motivi che restano ancora tutti da chiarire, malgrado le spiegazioni richieste da esponenti del Consiglio comunale e dai media. A distanza di qualche giorno è venuto anche il turno del Primo ministro, Giuseppe Conte, che verrà accolto oggi alla corte degli al-Thani. È stato un annuncio improvviso il suo, in stile Raggi, quasi a far passare la visita inosservata, come fosse uno dei tanti impegni istituzionali del Premier. Si tratta invece di una visita che ha un forte carattere politico, che va ben al di là degli aspetti legati alle relazioni economiche tra Italia e Qatar.
Nessun Paese in Europa ha detto finora di no agli investimenti qatarini, nonostante il crescente isolamento di Doha da parte del mondo arabo moderato per le sue politiche di destabilizzazione dell’area. Ma al contempo, in cambio dei suddetti investimenti, solo l’Italia ha accettato di esporsi a livello internazionale come partner privilegiato del Qatar, mentre paesi importanti come Francia, Germania e Gran Bretagna, hanno preferito mantenere una più cauta neutralità per non essere coinvolti direttamente nelle dispute regionali.
Ha cominciato il cosiddetto quartetto, composto da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto, a contrapporsi alla direzione intrapresa dagli emiri al-Thani, stabilendo un embargo commerciale verso il Qatar nel giugno 2017. L’embargo è tuttora in corso, poiché non sono venute meno le ragioni che hanno spinto il Quartetto a lanciarlo. Il Qatar infatti non ha voluto spezzare la linea rossa del jihad che lo lega alla Turchia di Erdogan e all’estremismo dei Fratelli Musulmani, malgrado il fallimento del loro tentativo nel 2011 d’instaurare dittature fondamentaliste in Medio Oriente e Nord Africa sotto le mentite spoglie della Primavera Araba. Doha, inoltre, ha rinsaldato le relazioni con l’Iran khomeinista, che continua a muovere guerra in Yemen, Iraq, Siria, Libano e nei paesi del Golfo.
La contrapposizione tra il mondo arabo moderato e il Qatar per la sua appartenenza al campo islamista, si è manifestata in tutta evidenza al vertice della Lega Araba che si è svolto a Tunisi il 31 marzo. Mentre il Segretario Generale dell’organizzazione criticava nel suo discorso le interferenze della Turchia e dell’Iran negli affari regionali, l’emiro Tamim al-Thani ha lasciato la scena per recarsi in aeroporto e tornare a Doha in segno di protesta. Un gesto clamoroso che offre la cifra della profondità dei legami intessuti dal Qatar con i regimi di Ankara e Teheran, e ne sancisce la fuoriuscita di fatto dalla Lega Araba dopo quella già avvenuta dal Consiglio di Cooperazione del Golfo.
La visita di Conte in Qatar s’inserisce in un simile scenario e rischia di essere interpretata come un ulteriore segnale di supporto dell’Italia al campo islamista. Oppure lo è davvero? Invece di offrire sostegno al mondo arabo moderato, l’Italia si muove in senso ad esso contrario, con il rischio di finire nello stesso isolamento che ha costretto Doha ad abbracciare Erdogan e il regime khomeinista con una sempre maggiore intensità.
L’Italia sembra inoltre sempre più lontana sia da alcune importanti decisioni prese in ambito europeo, che dalla diplomazia vaticana. Nel primo caso, in un documento ufficiale proprio della Presidenza del Consiglio, l’Italia ha recentemente confermato il suo appoggio all’ingresso della Turchia nell’Unione europea, prospettiva alla quale il Parlamento europeo si è opposto fermamente con una recente risoluzione. Nel secondo, la strada indicata da Papa Francesco per promuovere dialogo e coesistenza pacifica in Medio Oriente evita accuratamente di passare per Doha, Istanbul e Teheran, toccando invece altre importanti capitali di paesi appartenenti al mondo arabo moderato. La politica estera italiana ha perso la bussola?
Aggiornato il 03 aprile 2019 alle ore 11:30