Tutti a casa per una stagione costituente

Fondati sul lavoro che non c’è. Parte da qui la prima ragione per cui la nostra Carta andrebbe riscritta per intero.

Lunga, rigida e scritta, la nostra fonte nasce infatti da e con suggestioni che, per quanto nobili, l’hanno condotta nel tempo a manifestare l’aleatorietà di troppe interpretazioni. Del resto, perché fondati sul lavoro piuttosto che il benessere, oppure la partecipazione allo sviluppo, o forse meglio alla produzione di risorse collettive. Insomma, non è dal lavoro che si genera reddito e ricchezza, sviluppo e crescita, produzione e risorse materiali?

Eppure nascemmo nobilmente, fondati sul lavoro, da quella stessa “metafora” marxista intorno alla quale ogni interpretazione è possibile, dalla più esemplare a quella meno. Quello stesso lavoro che non c’è, o che c’è sempre meno, perché da noi, in barba al principio del nulla si crea nulla si distrugge tutto si trasforma, succede il contrario: nulla si crea, tutto si distrugge e niente si trasforma mai.

Insomma, tutto resta tale e quale, al massimo qualche pezza a colori, qualche cucitura peggio del buco, ma il gattopardo vince eccome. Ecco perché parliamo di costituente, di carta nuova. L’albero storto non si raddrizza coi rammendi e con le suggestioni, serve ripartire da zero, dalla zolla insomma. Inutile insistere con riforme abborracciate, che oltretutto anziché migliorare fanno l’opposto; i padri costituenti inserirono l’articolo 138 non per stravolgere e rattoppare, ma solo per aggiustare qualcosa, a partire dalle norme transitorie. L’Italia ha bisogno di aria nuova, fresca, diversa, di una ossatura ex novo, non si esce dal guaio in cui ci troviamo con il copia e incolla, meno che mai con leggi di modifica parziale, riforme precarie e rabberciate.

Noi, anno dopo anno, governo dopo governo, legislatura dopo legislatura, per non cambiare la costituzione intera, ci siamo incartati in un groviglio di lacci e di lacciuoli che sono un cappio al collo e basta. Tacito scriveva: corruptissima re pubblica plurimae leges.

Dunque a poco serve chiedersi perché non cresciamo, siamo sempre al palo, il fanalino di coda, non generiamo lavoro ma amplifichiamo il debito in continuazione. In Italia, per via delle vaghezze costituzionali, di maglie larghe ed aleatorietà, la politica ha fatto il bello ed il cattivo tempo, ha governato male, talvolta malissimo, oggi poi non ne parliamo, del resto il peggio non muore mai, con i pentastellati ce ne rendiamo conto eccome. C’è troppo Stato, troppe regioni, troppi parlamenti, organi, enti e dipartimenti, la giustizia è ingiusta, lenta, intoccabile, il fisco è avido per pagare i costi di un sistema paese inefficiente, c’è troppo di tutto e non funziona niente.

Da noi, poi, nessuno guarda i guardiani, controllori e controllati sono sovrapposti, conflitti e interferenze all’ordine del giorno, livelli su livelli di decisione e interdizione, per questo serve una nuova Costituzione. Una nuova Repubblica nasce solo con una nuova Carta, altro che Seconda Terza o Quarta come si dice in giro e a vanvera. Giustizia, architettura istituzionale, forma di governo, capitolo fiscale, diritti-doveri e partecipazione, Stato leggero e sussidiarietà, per farla breve, come diceva Turati: bisogna rifare l’Italia. Alla faccia dei tromboni di ieri e soprattutto di oggi.

Aggiornato il 29 marzo 2019 alle ore 11:44