
Dei grillini si sapeva e come sia stato possibile cedere alla tentazione, di metterli alla prova nel governo di un Paese, purtroppo già malmesso, resterà una sorta d’imputazione politica sospesa. Roma non è mica un borghetto, quindi se solamente i grillini fossero stati un po’ capaci, qualcosa avrebbero dimostrato di buono, un minimo, una briciola. Eppure nella Capitale è andata peggio del previsto, il disfacimento, il niente di tutto, farne l’elenco nemmeno servirebbe tant’è evidente sotto gli occhi del mondo.
Bene, anzi male, nonostante ciò si è ceduto alla volontà di testarli nell’impegno più delicato, la vita del Paese, e adesso si paga e si paga caro. Si paga la scriteriatezza della Lega, di non voler tornare al voto nell’estate passata, quando dopo il flop totale di Carlo Cottarelli, null’altro sarebbe stato possibile per Sergio Mattarella. Si paga l’ostinazione con la quale in quei mesi non si è data l’opportunità al centrodestra, che pure aveva vinto, di trovare la maggioranza in Parlamento e che, ne siamo certi, ci sarebbe stata eccome. Si paga la leggerezza con la quale si è permesso ai pentaleghisti di fare teatrino per due mesi intorno ad un contratto che ogni giorno cambiava, peggiorava, s’intorbidiva insostenibilmente per unire l’acqua con l’olio. Si paga, infine, l’opportunismo peggiore, con il quale pur di non spaccare il Pd, fra reziani e non, si è lasciato che le cose finissero così come le vediamo. Certo, Matteo Salvini ha portato a casa quasi il raddoppio dei consensi, posto che i sondaggi alla prova dei fatti confermino i dati, ma il prezzo per tutti fino ad ora è devastante. Oltretutto i malumori leghisti sono in ascesa, prima o poi esploderanno, rischiando di vanificare parte degli incrementi elettorali. Insomma serve occhio e tanta testa, le elezioni europee potrebbero essere sorpresa o delusione, ecco perché Salvini aspetta ancora.
Ma al di là di questa considerazione, ciò che dispera è il fatto di quanto il Paese stia sbandando, si stia isolando, infilando insomma in un cul-de-sac buio e profondo. Del resto la prova plastica di tutto sta proprio nell’uscita dall’Esecutivo di Paolo Savona, il ministro, tra i pochi capaci, acuti, esperti, ben sapendo, ha preferito liberarsi dal cappio volando altrove prima del peggio. Insomma andiamo male, ma cosa ci si poteva aspettare di diverso, da questa alleanza e da questo governo, presieduto tra l’altro da un Premier che, seppure con rispetto, in politica è inesperto e impreparato, “il 2019 sarà bellissimo”. Per non parlare di altri membri dell’Esecutivo, che tra, strafalcioni e idiozie, potrebbero essere protagonisti di un romanzo della Invernizio. Del resto sarà mica un caso che la manovra partorita sia una assurdità politica ed economica. Una finanziaria nel classico stile veterocomunista, da socialismo reale, che come è sempre stato nella storia comunista ha sprofondato i Paesi nel caos, nella bancarotta e nella fame.
Ecco perché in questi mesi lo spread è salito, i capitali fuggiti, l’export è sceso, i consumi diminuiti, la fiducia dei mercati e dell’agenzia di rating corretta in negativo, basterebbe il no alla Tav e alla Tap per capire. Insomma, Lucio Cassio inventò il cui bono? Noi lo riprendiamo e ripetiamo, cui bono? Perché tanta scriteriatezza che farà pagare a tutti un prezzo troppo alto e immeritato? Ci si fermi, adesso subito, si chiuda questo fallimento e si torni agli italiani, siamo sicuri che stavolta non sbaglieranno e non ci sarà sponda per nessun giochetto.
Aggiornato il 06 febbraio 2019 alle ore 11:34