Taglio stipendi parlamentari, Borghi dice no

Le tensioni tra Lega e M5s proseguono nel 2019. A proposito del taglio degli stipendi dei parlamentari non si registra alcun passo avanti. Per i pentastellati si tratta di una proposta simbolo, da cavalcare durante la campagna elettorale, per le Europee di maggio. Ma per i leghisti è un tema che si trova fuori dall’agenda di governo.

“Io – dichiara il deputato leghista Claudio Borghi a “la Repubblica” – c’ero quando si scriveva. E in quel contratto tra Lega e M5s, il taglio degli stipendi dei parlamentari semplicemente non c’è”. Il capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo prova a smussare i toni. “Chiederemo che entro fine gennaio – sostiene – venga discussa in Aula la riforma sul taglio dei numeri dei parlamentari. Perché è anche questa la via per contenere i costi eccessivi della politica”. In realtà, la vicenda è diventata un vero e proprio giallo politico. Il taglio degli stipendi dei parlamentari figura nel contratto del governo gialloverde oppure no? Lo stesso leader leghista Matteo Salvini, intervenendo poco dopo l’annuncio di capodanno di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, aveva frenato, lasciando degli spiragli: “Giusto tagliare sprechi e spese inutili, è nel contratto di governo e lo faremo. Ma per la Lega le priorità degli italiani sono cose anche più concrete”.

Secondo Borghi, presidente leghista della Commissione Bilancio della Camera, “è ovvio che se io prendo uno scappato di casa e lo candido, il nostro stipendio può sembrare stellare: per un disoccupato è tantissimo, mi rendo conto. Ma le Camere scrivono le leggi, decidono il destino del Paese: se noi vogliamo le eccellenze dobbiamo pagarle. E poi c’è un’altra questione. Bisognerebbe candidare cittadini non affamati perché più si ha fame più si rischia di restare vittima di offerte improprie pre o post ruolo che si ricopre. Quel che interessa alla gente è avere parlamentari che lavorano nel loro interesse, non quanto guadagnano”.

Aggiornato il 03 gennaio 2019 alle ore 16:04