
Alla vigilia della Direzione del Pd, che definirà le tappe del congresso e la data delle primarie, uno dei candidati, Matteo Richetti, annuncia il proprio sostegno alla corsa di Maurizio Martina, con cui formerà un ticket di quarantenni.
Immediata la critica dai sostenitori di Nicola Zingaretti per il profilo renziano del duo. E le tensioni con quei renziani che lo sostengono stanno invece ritardando la partenza della squadra di Marco Minniti. L’annuncio di Richetti, arrivato con l’attenta regia di Graziano Delrio nei giorni scorsi, è stato accolto con entusiasmo da Martina che ha a sua volta annunciato un ticket, con il profilo che si intende dare a questa “candidatura di squadra”. “Le nostre strade si uniscono dando sempre più forza all’idea di una candidatura di squadra con tanti della nostra generazione che non si rassegnano e non vogliono guardare indietro”. In effetti i due sono entrambi quarantenni e Richetti, in questi mesi (è partito per primo già a giugno) ha raccolto attorno a se molti giovani dirigenti e amministratori locali in diverse regioni del Sud, oltre che in Emilia, mentre Martina ha già una rete nel Nord.
Diversi esponenti schierati con Zingaretti, come Monica Cirinnà e Antonio Misiani, hanno criticato il nuovo ticket per la sua “continuità con Renzi”. Le repliche, come quelle di Andrea De Maria, hanno evitato toni polemici, perché alla fine questi attacchi sono funzionali alla campagna di Martina e Richetti tra gli iscritti: il mantra ripetuto è che le candidature di Zingaretti e Minniti sono divisive per il partito, perché costruite sulla faglia tra anti-renziani e renziani, tutta rivolta al passato, mentre il loro ticket è più unitivo per il partito e guarda semmai in avanti. Un argomento assai convincente per molti dirigenti e amministratori locali, stanchi delle passate polemiche. “Al Pd non serve un congresso referendum” ha detto Martina. Conscio dei rischi di una candidatura divisiva è Marco Minniti che infatti ha dichiarato: “Il Congresso del Pd non è mica la fine del mondo: eravamo amici e rimarremo amici. Il Congresso è una discussione libera dentro un partito in cui si misurano piattaforme politiche e punti di vista. Un momento che ha un inizio e una fine”.
Toni bassi anche se è ancora alta la tensione con i renziani Doc sul sostegno alla sua candidatura di una sola lista (come vuole l’ex ministro) o di due, con la seconda che servirebbe a tenere unita anche dopo il congresso la componente renziana. Per parte sua Zingaretti incassa l’appoggio di uno dei padri nobili del Pd, Luigi Berlinguer. La Direzione nazionale approverà il regolamento del congresso che l’apposita Commissione sta predisponendo in queste ore (mercoledì mattinata l’ultima riunione).
Nonostante il desiderio di accorciare i tempi alla fine la Commissione è orientata a proporre il 3 marzo per le primarie data la complessità delle procedure. Il calendario allo studio prevederebbe la presentazione delle candidature e delle firme il 12 o 13 dicembre; il voto degli iscritti nei circoli dal 7 al 23 gennaio; il 3 febbraio la Convenzione con l’indicazione ufficiale dei tre candidati più votati che accedono alle primarie. Unico nodo è il termine entro cui tesserarsi per poter votare nella prima fase, con Francesco Boccia che insiste affinché sia possibile fino al 31 dicembre.
Aggiornato il 28 novembre 2018 alle ore 13:43