Di Maio, “Le Iene” scoprono altri tre lavoratori “in nero”

Luigi Di Maio è sotto assedio. Sulla vicenda dell’operaio “pagato in nero” dal padre del vicepremier si registrano nuovi dettagli. Infatti, non ci sarebbe solo il caso di Salvatore Pizzo che ha lavorato per l’azienda di famiglia del ministro del Lavoro. È quanto emerge da un’anticipazione del nuovo servizio de “Le Iene”, andato in onda su Italia Uno. “Mentre Di Maio – spiegano “Le Iene” – ha verificato, confermando così la storia di Salvatore, sono spuntate altre tre persone impiegate ‘in nero’ nell’azienda: Mimmo per tre anni, Giovanni per otto mesi e un altro” lavoratore di cui gli autori dell’inchiesta parleranno nel servizio completo questa sera. I tre nuovi lavoratori sarebbero stati impiegati ‘in nero’ nel periodo tra il 2008 e il 2010, prima cioè che nel 2012 Luigi Di Maio entrasse nell’assetto proprietario dell’azienda. L’azienda edile che da trent’anni porta avanti il padre di Luigi, Antonio, infatti, prima era intestata alla madre Paolina Esposito, poi è confluita poi nell’Ardima srl, di proprietà dal 2012 al 50 per cento del ministro e della sorella Rosalba. Altri lavoratori in nero? Di Maio è stato intervistato dalle “Iene” sui nuovi casi di lavoratori che hanno dichiarato di aver lavorato in nero per l’azienda del padre. “Io – ha detto – di questi nomi non so nulla, così come non sapevo nulla di Salvatore Pizzo: ho fatto le mie verifiche e mi sono messo a disposizione, come immagino apprezzerete”.

Sicuro che fosse solo Salvatore Pizzo a lavorare in nero? “Questo è quello che ho chiesto”, ha risposto Di Maio. Che ha aggiunto: “Lui mi ha detto del caso di Pizzo ed è finita lì. Come sempre sono a vostra disposizione: se avete altre informazioni io vi fornisco quello che serve. È chiaro ed evidente che io posso chiedere e fare le verifiche”. Ieri sera Di Maio, nel corso del talk politico “Di Martedì”, su La 7 ha detto che “la signora Boschi andava in Consob a chiedere aiuto per la banca del padre: è un caso opposto al mio perché c’erano i figli che andavano a chiedere per i padri. Io oggi non sto aiutando mio padre a coprire i fatti: anzi porto le carte a ‘Le Iene”, a cui peraltro, non ho mai chiesto di non mandare in onda i loro servizi come qualcun altro in passato ha fatto. Ho preso le distanze dal fatto ma, ovviamente, non da mio padre. Non voglio scaricare mio padre”. Frattanto, il Pd chiede che il vicepremier riferisca in Aula sulla vicenda.

Aggiornato il 28 novembre 2018 alle ore 14:14