
Il governo gialloverde accusa una battuta d’arresto alla Camera sul Disegno di legge Anticorruzione. È fatale il voto a scrutinio segreto. Una maggioranza di franchi tiratori fa passare un emendamento di Catello Vitiello, espulso dal Movimento 5 stelle durante la campagna elettorale. In buona sostanza, l’emendamento è la copia di un altro emendamento leghista che riscrive il reato di peculato. Così, Vitiello mette in crisi, ancora una volta, la già fragile relazione tra pentastellati e leghisti.
Il risultato è imbarazzante per l’esecutivo: a favore 284 voti, contro 239. Un deputato leghista esulta: “Abbiamo mandato un segnale ai Cinque stelle”. Per il capogruppo grillino alla Camera Francesco D’Uva, il voto “è un fatto gravissimo. Così non si va avanti”. Secondo il leghista Igor Iezzi, “sono stati quelli che vanno dietro a Fico a votare contro perché non vogliono votare il decreto Sicurezza”.
Matteo Salvini è “costretto” ad intervenire personalmente. “Voto in aula assolutamente sbagliato. La posizione della Lega la stabilisce il segretario. Il provvedimento arriverà alla fine come concordato dalla maggioranza”. Eppure, i “malpensanti” leggono il voto come un “regalo” al Carroccio. Infatti, la riscrittura del reato di peculato e dell’abuso d’ufficio sembra essere perfetta per togliere dai problemi giudiziari il capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari, sotto processo d’appello per le “spese pazze” alla Regione Piemonte, così come il viceministro leghista alle Infrastrutture, Edoardo Rixi, già alla Regione Liguria.
Salvini aveva avvisato i naviganti: “Il decreto Sicurezza serve al Paese e passerà entro il 3 dicembre o salta tutto, e mi rifiuto di pensare che qualcuno voglia tornare indietro”. Allo stesso modo, sembrava tranquilla la strada parlamentare del ddl Bonafede sull’Anticorruzione. I leghisti avevano ritirato i loro otto emendamenti che avrebbero cambiato pesantemente il testo. Ora, sembrato tornato il caos.
Aggiornato il 21 novembre 2018 alle ore 14:54