Ci manca solo Conte al Quirinale

Beppe Grillo non “straparla” mai a caso. Quella sparata contro i poteri troppo forti della Presidenza della Repubblica fatta alla festa dei Cinque Stelle al Circo Massimo un mese fa aveva dietro un piano premeditato. Ridurre l’inquilino del Colle a un puro notaio della maggioranza di governo.

A ben vedere la ripetizione, anzi la clonazione, di quello che si sta constatando adesso con Giuseppe Conte messo a capo di un Governo con il solo ruolo di fare la guardia al bidone. Perché di tale si tratta. Ecco, adesso immaginiamo Giuseppe Conte al Quirinale, con un Luigi Di Maio premier. Un incubo, ma può realizzarsi agevolmente dopo il 2021, anno in cui Sergio Mattarella toglierà il disturbo. Tra il compimento di questa ennesima scorciatoia istituzionale verso il potere quasi assoluto di un partito sostanzialmente illiberale e giustizialista come il M5S - e praticamente nazistoide - e la realtà c’è solo un ostacolo: il futuro comportamento della Lega di Matteo Salvini. Che non è un partito così leaderistico come viene descritto, al contrario del partner di governo che obbedisce compatto ai desiderata di Grillo e agli ordini di Davide Casaleggio. Nella Lega, infatti, ci sono migliaia di amministratori locali che hanno gli stessi problemi con la magistratura di quelli che avevano i loro predecessori ed ex alleati di Forza Italia. E questo spiega anche il voto segreto in cui il Governo ieri è andato sotto sull’emendamento “nemesi” di Catello Vitiello, già candidato grillino della prima ora e poi espulso per la propria pregressa militanza massonica. Come se poi essere massoni in un Parlamento cui proprio i massoni diedero luce con l’Unità d’Italia (Garibaldi, Cavour ecc.) sia ‘sto reato.

Ma non ci sono solo i problemi con il peculato di tanti amministratori leghisti che di andare “in galera” come ce li vorrebbe mandare il ministro di (dis)Grazia e (in)Giustizia Alfonso Bonafede non ci pensano proprio. Ci sono anche i problemi dei risparmiatori del Nord che grazie al continuo innalzarsi dello spread sui titoli di Stato e del suo stabilizzarsi sopra quota 300 ci stanno rimettendo soldi sia se li hanno chiesti in prestito alle banche sia se li hanno prestati loro allo Stato sotto forma di investimento nei titoli pubblici.

Sentire i due vicepremier che con cinismo affrontano le procedure di infrazione europee con il ragionamento del “tanto peggio tanto meglio” o “ci facciamo sopra la campagna elettorale per le europee”, sta cominciando a spaventare tutti. Non si può fare a gara a chi ce lo ha più duro sulla pelle (o, peggio) degli altri. I sondaggi possono cambiare e il consenso può essere effimero. Anche Matteo Renzi è arrivato al 41 per cento alle scorse Europee e poi guardate un po’ che fine che ha fatto. Per Salvini fra un po’ il ritorno all’ovile berlusconiano non sarà solo un’ipotesi di scuola, ma una mossa di legittima difesa. Dalla follia di un’alleanza di governo che si sapeva in partenza non poteva funzionare. E tutto ciò senza neanche passare per le urne: si fa cadere un Governo e se ne forma un altro in Parlamento, a trazione centrodestra. Cui si aggregheranno ben presto i transfughi grillini, i renziani, i “responsabili” e gli opportunisti che in Italia non mancano mai.

Aggiornato il 21 novembre 2018 alle ore 12:52