
Giovanni Tria vive una fase politica drammatica. Ha appena dovuto condurre la delicata fase di redazione del Documento di economia e finanza. È stato costretto, soprattutto, ad ingoiare la proposta di deficit al 2,4 per cento. Numeri che, a Via XX Settembre, hanno creato un certo sgomento. La crisi del governo gialloverde in materia economica è rappresentata plasticamente dall’ultimo episodio in ordine di tempo: ieri il ministro dell’Economia ha dovuto interrompere a metà la sua missione in Lussemburgo. Seppure abbia presenziato all’incontro dell’Eurogruppo, oggi Tria non parteciperà all’Ecofin. È già ritornato sui suoi passi. Per ultimare la Nota di aggiornamento al Def. La ricostruzione dei fatti è fornita da fonti vicine al ministero.
In realtà, senza la nota, la presenza del ministro sarebbe stata praticamente inutile all’Ecofin. Dunque, Tria è tornato a casa a studiare. Secondo il vicepremier Luigi Di Maio, il ministro dell’Economia, per “definire gli ultimi dettagli del Def”, sarebbe stato esentato dalla partecipazione dei vertici con il premier Giuseppe Conte, il ministro dell’Interno Matteo Salvini e il titolare della Farnesina Enzo Moavero Milanesi.
In verità, sempre secondo le fonti bene informate, la fibrillazione dei mercati rispetto al Def e le frizioni interne all’esecutivo fanno prendere nuovamente corpo all’ipotesi delle dimissioni di Tria. Il ministro ha incontrato il vice presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis e il commissario UE per gli affari economici e monetari Pierre Moscovici. I faccia a faccia avevano un obiettivo: mitigare la bocciatura dei conti italiani. Ma, a questo punto, la commissione per pronunciarsi ulteriormente, attende i documenti ufficiali. All’orizzonte si profila lo scenario che Tria ha sempre cercato di allontanare: la procedura d’infrazione.
Aggiornato il 02 ottobre 2018 alle ore 12:34