
Dopo due mesi di attesa e di polemiche, Marcello Foa siede nel cda Rai da presidente a tutti gli effetti: la riunione dura un’ora, il tempo di formalizzare il suo insediamento e di nominare ad interim Alessandro Casarin alla guida della TgR.
Un assaggio del pacchetto di avvicendamenti “pesanti”, alla guida di reti e testate, che arriverà sul tavolo del consiglio solo nelle prossime settimane: servirà ancora tempo, a quanto sembra, per raggiungere un accordo complessivo. Intanto Foa dimostra di avere le idee chiare: il mandato del governo è “ampio e fiduciario. La parola d’ordine è portare aria fresca in Rai. Cambiare i direttori dei tg fa parte del mandato. Sono stati nominati dal precedente consiglio di amministrazione e non tutta l’informazione è sembrata esente da settarismi”, avverte Foa. Anche dei direttori di rete “mi occuperò perché rientra nei compiti del consiglio. Ma so bene che è l’ad, Fabrizio Salini, che per legge deve proporre i nomi per le varie caselle. Io posso solo assicurare che la meritocrazia è la mia bussola e non guardo alle casacche politiche”, aggiunge in due interviste al Corriere della Sera e al Messaggero. Parole che animano un vivace confronto in cda - a quanto si apprende - con la consigliera Rita Borioni e finiscono nel mirino di Fnsi e Usigrai (“Foa inanella violazioni di legge e perfetta rappresentazione della sudditanza al governo”, “Parlamento e cda, a partire dell’ad, non possono tacere”).
Il sindacato dei giornalisti critica anche l’interim a Casarin. “Per quale ragione non una nomina piena? Con in più l’inedito di un interim di una testata affidato al vicedirettore di un’altra testata”, Rainews. Foa “getta la maschera sulla volontà politica di occupazione dell’informazione dell’emissario di Salvini nel servizio pubblico, tutto materiale per la magistratura”, protesta dal Pd Michele Anzaldi. E i dem danno battaglia anche in Vigilanza, chiedendo l’accesso agli atti del voto su Foa e paventando il rischio nullità per alcune schede. Richiesta respinta dal presidente della bicamerale, Alberto Barachini, che parla di “esito pienamente regolare e incontrovertibile”. “E’ inaccettabile”, replica il capogruppo Pd al Senato, Andrea Marcucci, che chiama in causa presidenti Casellati e Fico.
Al netto dello scontro politico, dopo il lungo stallo il vertice aziendale è impaziente di progettare il futuro, facendo leva in particolare sul lavoro di studio svolto in questi mesi dall’ad Salini. Centrali saranno le nomine, per le quali però mancherebbe ancora la quadra. Per il Tg1 il derby sarebbe tra Gennaro Sangiuliano e Alberto Matano, con il possibile outsider Franco Di Mare; per il Tg2 in pole position ci sarebbero Luciano Ghelfi e Giuseppe Carboni; per il Tg3 i rumors oscillano tra la conferma di Luca Mazzà e l’arrivo di Gianluca Foschi da La7.
Quanto alle reti, per Rai1 si fa il nome di Marcello Ciannamea, per Rai2 di Maria Pia Ammirati, mentre a Rai3 potrebbe restare Stefano Coletta. Senza dimenticare le posizioni vacanti o assegnate ad interim, da RadioRai a Rai Sport, a Rai Pubblicità. Un quadro complesso che con ogni probabilità sarà affrontato a tappe, trovando un equilibrio tra il manuale Cencelli dei partiti e l’impegno dell’ad Salini per scelte autonome, basate su stima e competenze.
Aggiornato il 28 settembre 2018 alle ore 02:07