Quello di Giuseppe Conte passerà probabilmente alla storia come il Governo che nessuno riconosce ma tutti sostengono. Con un po’ di vergogna, un po’ di compassione, e magari un po’ di speranza, diversi esponenti del centrodestra stanno alternando prese di posizione di smarcamento e rassegnata accettazione. Come se si parlasse di un figlio a cui vuoi bene ma “che non si applica”. E quindi con gli amici più intimi ti lamenti ma, alla fine, sai che te lo dovrai tenere. Ed è questa probabilmente la sensazione che percepiscono esponenti come Mariastella Gelmini, Roberto Maroni, e persino Stefano Parisi. Tutti esponenti del centrodestra che, riunitisi all’evento “Cosa succede se usciamo dall’Euro”, organizzato lo scorso venerdì dall’Istituto Bruno Leoni, hanno candidamente ammesso una certa distanza dal Governo guidato da Lega e Movimento 5 Stelle.
Il quadro politico è effettivamente complesso: da un lato Forza Italia ha scelto di sedere ai tavoli dell’opposizione del Governo, tuonando contro un’alleanza che Silvio Berlusconi definì “confusa e innaturale”, dall’altro, lo stesso partito, ha scelto di correre insieme alla Lega in tutte le prossime competizioni locali, amministrative e regionali, e di mantenere inalterate le giunte locali già esistenti. Si comprende, quindi, la difficoltà in cui si trova la capogruppo alla Camera dei deputati, Mariastella Gelmini, che ha definito il Decreto dignità “un’aberrazione”, e uno “scenario da Piccolo mondo antico” il provvedimento per le chiusure domenicali, ribadendo l’opposizione del partito al Governo, soprattutto sui temi economici, ma che si troverà a dover dividere banchetti e incarichi insieme ai colleghi leghisti che hanno sostenuto e votato proprio questi provvedimenti.
E anche dalla Lega arriva qualche sorpresa. L’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni, forse complice la platea “liberale”, ha infatti sottolineato una certa, rispettosa distanza da ciò che persegue Matteo Salvini, sia all’interno del partito, che nelle azioni di governo, ribadendo che “il centrodestra non esiste più” e che, purtroppo, “molti esponenti politici sono orientati più ad ottenere consenso sui social network”, che, aggiungiamo noi, a perseguire soluzioni efficaci. Roberto Maroni ha inoltre azzardato una previsione: “Salvini vuole un partito egemone, contro la sinistra, e contro i moderati”, e che, probabilmente, alle prossime Europee la Lega correrà con un nuovo simbolo, in linea con gli altri partiti europei di stampo populista e nazionalista. Uno scenario del tutto diverso da quello auspicato, per molti anni, dallo stesso Silvio Berlusconi, che fu in grado di mantenere inalterati i difficili equilibri delle diverse anime di centrodestra.
Insomma, questo Governo, appena nato, riesce nel miracoloso intento di proseguire nella sua azione essendo detestato da tutti ma non essendo contrastato da nessuno. Un difficile gioco di equilibri che, tra competizioni locali e nazionali, fa segnare l’ennesimo punto di strategia alla coppia Giorgetti-Salvini: divide et impera, ma dove serve, resta unito ai tuoi nemici.
Aggiornato il 24 settembre 2018 alle ore 10:22