
Se la gestione Usa di Obama aveva appaltato la Libia alla Francia (ritenuta in sede Onu “nazione con molta più esperienza dell’Italia sulle tematiche dei diritti umani”), oggi l’amministrazione Trump ha deciso che la Libia deve necessariamente essere un protettorato italiano.
Così la Casa Bianca ha promosso il programma di Governo Lega-M5S in merito alla gestione del Mediterraneo centrale. Con questa mossa Donald Trump ha messo una mano sulla spalla di Giuseppe Conte, trasformando l’Italia in un punto di riferimento degli Stati Uniti, un interlocutore che di fatto può ora non obbedire, in seno all’Unione europea, alle direttive imposte dall’asse franco-tedesco. Di fatto Trump ha tolto la Libia dalle mani di Emmanuel Macron e l’ha messa in quelle di Conte. Operazione Usa certamente non gradita alla cancelliera Angela Merkel, come alla stessa Francia, e a tutta la galassia di sinistra planetaria. Di fatto anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella avrebbe gradito la Libia rimanesse saldamente in mani francesi, reputandola una grossa incombenza per l’Italia, e di quelle che rilancia a livello mondiale la politica estera italiana: il capo dello Stato avrebbe gradito l’Italia perpetuasse la politica prodiana di presentarsi col cappello in mano a cospetto delle sedi Ue.
Insomma, ora una certa parte della politica nazionale (in essa ci mettiamo anche Papa Francesco) non tollera che l’Italia smetta di avere per il mondo (specialmente per l’Ue) l’aspetto d’un essere curvo e col volto pietoso di chi vive d’elemosina politiche di Paesi forti e banche d’affari. Il primo gesto di questo cambio di rotta politica è stato percepito dalla Nazione italiana (dall’uomo di strada) nelle ultime ore. Quando il rimorchiatore “Asso 28” ha seguito le indicazioni della centrale operativa della Guardia costiera: l’ordine via radio da Roma al comandante di Asso 28 è stato perentorio, ovvero riportare i migranti soccorsi in Libia, coordinandosi con la Guardia costiera di Tripoli. Nicola Fratoianni, parlamentare di Liberi e Uguali, che in questi giorni si trova a bordo della nave della Ong spagnola Open Arms (in navigazione nel Mediterraneo) ha subito incarnato la parte dell’Italia avversa alla schiena dritta del Belpaese. “Abbiamo assistito al primo respingimento in mare di un gruppo di migranti - ha detto Nicola Fratoianni - È stata compiuta una piena violazione del diritto internazionale che prevede in questi casi il trasporto delle persone salvate in mare verso un sicuro porto, quello di Tripoli non risponde a queste caratteristiche. Senza dimenticare l’aspetto che a questi migranti è stata negata la possibilità di chiedere asilo politico - ha chiosato il parlamentare Leu - cosa questa che costituisce violazione degli accordi di Ginevra sui soccorsi in mare”.
Il rimorchiatore Asso 28, dopo aver salvato da sicuro naufragio 108 persone (navigavano su un gommone), ha rivolto la prua verso Tripoli. “Siamo dinanzi al primo vero e proprio respingimento in mare”, ha esclamato sbigottito Fratoianni. Asso 28 è unità navale battente bandiera italiana e ha obbedito agli ordini senza obiettare motivazioni di “solidarietà mondialista”, e questo è un cambio di rotta culturale.
Due settimane fa, l’unità Vos Thalassa pensava di fare la stessa cosa, cioè salvare 67 migranti prossimi a piattaforma petrolifera italiana e poi rispedirli in Libia. Ma, a seguito di una rivolta a bordo, i migranti accerchiavano con armi di fortuna il comandante, costringendo l’equipaggio a fare rotta per l’Italia. I migranti poi transitavano in mare dalla Vos Thalassa alla nave militare Diciotti, poi arrivata a Trapani: si sollevava in Italia (e tra le Ong) un vento di sinistra solidarietà verso i migranti che s’erano rivoltati contro il comandante. I migranti sbarcavano per il deciso intervento del presidente Mattarella, che metteva fine al divieto di sbarco imposto dal ministro Salvini. Ironia della sorte, le associazione umanitarie chiedevano a gran voce il perdono per i migranti che avevano minacciato la vita del comandante della Vos Thalassa, adducendo che la violenza dei migranti era dovuta alle loro condizioni di vita.
Tutte scuse che il nuovo corso dell’Italia potrebbe non più considerare. E perché entro un anno il Belpaese avrà già impiantato nelle località costiere libiche le prime strutture ricettive e amministrative, nonché la collaborazione per ricostruire la Libia.
Aggiornato il 31 luglio 2018 alle ore 11:25