Fuoco amico su Salvini

Che, dopo un primo momento di sgomento, l’establishment – di cui i grillini fanno parte soprattutto con la loro corrente di sinistra – prendesse le misure a Matteo Salvini cercando di neutralizzarlo, era cosa ampiamente prevedibile. Che le contromisure arrivassero con un po’ di ritardo era anch’essa cosa prevedibile dato che, propaganda o meno, il leader leghista ha esordito con un vigore fuori dal normale. Per questo motivo, su queste stesse colonne, lo avevamo invitato a smarcarsi quanto prima da una simile alleanza innaturale perché tra poco si cominceranno a ricordare più le promesse mancate (o le sconfitte) rispetto alle opere di interdizione, i colpi bassi e il fuoco amico.

Il ministro dell’Interno è un ragazzo dotato di intuito per cui pensiamo che l’alleanza con il sodale Luigi Di Maio sia al crepuscolo. O almeno ce lo auguriamo. Siamo alla notte dei lunghi coltelli e la vendetta è iniziata. L’escalation è stata scientifica e si è ramificata su più fronti: hanno iniziato prosciugando i fondi della Lega alla ricerca di quarantotto milioni di euro da recuperare nonostante i fondi indebitamente distratti dall’attività politica ammonterebbero a cinquecentomila euro. Poi è stato il turno di Armando Spataro, secondo cui l’opera di respingimento voluta dal titolare del Viminale sarebbe illegittima in punto di diritto. Adesso ci si mette anche la magistratura contabile a mettere le mani avanti dicendo che non ci sono margini per mitigare gli effetti della Legge Fornero, le cui azioni possono essere corrette puntando sul tasso di natalità e su una gestione equilibrata dei flussi migratori. Proprio su questi ultimi – giusto per spuntare la spada di Alberto da Giussano – si sono concentrati i più: prima il cannoneggiamento a salve del rotocalco Rolling Stone, poi le magliette rosse, poi le dichiarazioni del ministro della Difesa, Elisabetta Trenta – in aperto contrasto con il socio fondatore del Governo – secondo cui l’accoglienza è bella e i respingimenti sono una cosa sbagliata.

Sulla questione della nave Diciotti invece si è consumato il vero e proprio agguato: il rimorchiatore Vos Thalassa soccorre sessantasette migranti in acque libiche. Vista la posizione, la nave inizia a dirigersi verso la Libia ma il personale di bordo lancia un Sos dichiarando più volte di essere stato minacciato dai naufraghi che non volevano assolutamente raggiungere altra meta se non l’Italia. In soccorso arriva la nave Diciotti della Guardia costiera italiana che, terminato il trasbordo, punta verso l’Italia con l’avallo del ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, che annuncia l’apertura dei porti italiani. Il ministro Salvini, avvertendo che la linea che il Governo si era data stava per essere unilateralmente violata, annuncia di non autorizzare lo sbarco dei passeggeri fino a quando i responsabili del dirottamento non saranno assicurati alla giustizia.

Interviene il Presidente della Repubblica (già, il capo dello Stato, proprio lui, geloso delle prerogative presidenziali che sconfina in quelle governative) il quale, secondo le ricostruzioni, fa un cazziatone al Premier che si decide a ordinare lo sbarco dei migranti. Una serie di ingerenze paradossali che, insieme a un agguato senza precedenti (segnaliamo questo interessante articolo del professor Augusto Sinagra, a proposito dell’intervento di Mattarella) dimostrano chiaramente l’intento di normalizzare l’azione di Salvini arginando quello che fino a oggi è apparso un Governo a trazione lumbard.

E che fosse “fuoco amico” preparato a tavolino lo si arguisce dal fatto che alcuni ben informati starebbero minimizzando sull’aggressione avvenuta a bordo della Vos Thalassa che sarebbe stata ingigantita per attivare quella trafila utile a portare i migranti in Italia. Se fosse vero, non si capisce perché la magistratura non indaghi il personale di bordo per procurato allarme e per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Se invece l’aggressione da parte dei migranti che stavano per essere riportati in Libia fosse effettivamente avvenuta, non si capisce perché la si sia derubricata a violenza privata essendosi trattato di una vera e propria aggressione finalizzata al dirottamento. Comunque sia andata, non ci sembra un evento casuale, fatto che dovrebbe imporre alla Lega una serie di riflessioni sulla propria permanenza al Governo.

Aggiornato il 13 luglio 2018 alle ore 20:21