Parla Tria, punto e a capo

Non che avessimo dubbi sulle sbruffonate elettorali dei pentastellati, anche se, questo va detto, la Lega sul tema non se la passa bene. Insomma, in materia di promesse un tanto al chilo la maggioranza, dopo l’intervento del ministro Giovanni Tria, esce piuttosto male a dir poco.

Troppo facile, infatti, parlare di legislatura, quando pur di ottenere il voto si fa intendere il “subito”, ben sapendo la differenza che fa. Va da sé ovviamente che il corso di una legislatura è talmente variabile da potersi paragonare alla invenzione del moto perpetuo; insomma, non esiste. In cinque anni, specialmente da noi, può succedere di tutto per avere buon gioco a smentirsi e a giustificare una inversione a u sulle promesse.

Manca in sostanza la differenza fra una politica nuova e credibile e la vecchia storia di sempre, lo studio puntuale e la predisposizione ex ante dei provvedimenti che si assicurano agli elettori. Ecco perché dalle parole del ministro Tria si capisce che nulla era stato valutato tanto da essere pronto al via, anzi addirittura si intende che molto sarà modificato rispetto alle aspettative. Parliamo di flat tax, di legge Fornero, di pace fiscale e di reddito di cittadinanza, tutto da vedere e da approfondire, sia sul come che sul dove e quando. Per farla breve, non c’è niente di sicuro alla faccia dei giuramenti solenni.

Inutile dire che ogni commento, se poco o niente dovesse scaturire dai provvedimenti, sarebbe superfluo ricordando le rassicurazioni prima del 4 marzo. Oltretutto su alcuni temi come quello della pace fiscale, la tempistica e l’immediatezza è fondamentale, vista la prossima scadenza degli adempimenti della rottamazione voluta da Renzi. Andare oltre questi tempi con tutta probabilità scatenerebbe per un verso un garbuglio fiscale pazzesco, per l’altro la rivolta dei cittadini gabbati sulla rottamazione. Ovviamente stessa considerazione meriterebbe la riforma Fornero: insistere nella vaghezza con la quale solo ora i pentaleghisti ne parlano, servirebbe esclusivamente ad arricchire le banche, per coloro che decidessero di ricorrere alla vergogna dell’Ape voluta dal centrosinistra.

Insomma, non vorremmo davvero ritrovarci a dover usare il grande Gino Bartali “è tutto sbagliato è tutto da rifare”, ma soprattutto non vorremmo usare un vecchio e popolare adagio romano: “Il cerino si frega una volta sola”.

Aggiornato il 04 luglio 2018 alle ore 14:18