È già finita la luna di miele Lega-M5S

Nel giro di pochi giorni, con l’improvvisa accelerazione della complessa e scabrosa vicenda della “corruzione allo stadio” di Roma, le difficoltà del Governo cosiddetto (ma occorre trovare un altro termine, perché così non lo chiama nessuno) Conte sono aumentate in modo esponenziale, fino al profilarsi di una crisi di antagonismo tra i due “contraenti”.

Si direbbe, anzi, che il grottesco “contratto” frutto della inventiva giuridica di sapore telematico della ditta Casaleggio Associati, stia “portando male” nel rapporto del recente “matrimonio”. Dico subito che quello che cambia così rapidamente in tali rapporti è in parte conseguenza e risultato della politica della “vera opposizione”, che non è quella degli esangui e sgangherati gruppi parlamentari così targati, ma piuttosto degli atteggiamenti di una stampa, delle propaggini sensibili degli interessi e degli ambienti “che contano”, contrariamente a quanto mi era apparso nei giorni scorsi. Anziché “adattarsi” “adottando” i neogovernanti, sembrano decisi a giocare la carta dei contrasti interni, delle contraddizioni e, in particolare, della debolezza dello schematismo lamentatore dei Cinque Stelle rispetto alla rude esperienza demagogica ed alla stagionata invadenza della Lega e del suo leader Matteo Salvini. Una migliore attenzione per le situazioni locali avrebbe portato ad anticipare la conoscenza di una situazione del genere.

Leggere su “Il Giornale” di Silvio Berlusconi che Salvini si sta muovendo come il vero capo del governo, infischiandosene della competenza istituzionale pur rilevante (ministro dell’Interno) con l’intento pressochè esplicito di “metter sotto” l’assai più fragile demagogia degli “alleati” è sorpresa cui subentra la convinzione di un disegno forse arrischiato ma già abbastanza chiaro nei suoi tratti essenziali. Le insopportabili qualità negative di Salvini, la sua supponenza, l’arroganza e la fiera indifferenza per l’evidenza del suo cazzeggiare, sono colpe che rappresentano altrettante qualità essenziali per il ruolo di “Capitan Fracassa” nella coalizione e nel governo. Del resto la tragedia della politica italiana non è né la presenza dei 5 Stelle né quella della Lega, né il loro espandersi e imporsi come forza di governo, ma quello della mancanza di altro, di altre forze politiche degne di questo nome.

Chi oggi confida che il triste stato politico del Paese possa essere superato grazie all’esplodere, l’aggravarsi e il generalizzarsi di questo contrasto interno delle due bande dell’“antipolitica” è da qualificare tra quelli “che vogliono sperare” e confidano nei miracoli positivi (o negativi) degli altri. Anche degli speranzosi di altrui crisi esistenziali ne abbiamo assai brutti precedenti.

E veniamo al fatto del giorno. La brutta piega che sta prendendo per la sindachetta Virginia Raggi l’affare dello stadio della Roma. Vi sono indubbiamente aspetti nuovi della questione che ancor più evidenziano la sciagurata pochezza della maggioranza capitolina e la sua inadeguatezza ad affrontare il caos stagionato e tenace dell’amministrazione della Capitale. Altra materia per le sparate leghiste: “Roma ladrona…” e quel che segue. Ma, intanto, una cosa vorrei sottolineare. Il fatto, di una gravità che non sfugge a nessuno per la valutazione dell’essenza del Movimento di Casaleggio (quello che avrebbe “imposto alla poverina di nominare Luca Lanzalone…). Ma, ancora una volta, la chiave di un avvenimento che potrebbe avere conseguenze incalcolabili sulla situazione politica è nelle mani dei magistrati.

Non starò a ripetere la litania, tale finita per diventare per l’uso ipocrito e strumentale, che ne fanno quelli che meno ne avrebbero il diritto: “aspettiamo di vedere come realmente stanno le cose”. Una cosa mi pare certa. La magistratura ancora una volta è “andata giù” sembrando decisa a “gonfiare il caso”.

Non conosco gli atti (ovviamente) né sono nel pieno di una mia attività professionale e scientifica che mi autorizzi a dispensare lezioni di diritto anche in questo rigoglio di asinità, ma, ad esempio, la contestazione della “associazione a delinquere” alle persone coinvolte (e a quelle coinvolgibili) dell’affare dello stadio risponde più a una convinzione politica di fondo che a una chiara visione della norma penale. Proprio perché è relativa “all’affare stadio”. Non basta che sussista una pur vasta e ben intrecciata concorrenza di reati plurimi (di corruzione). Per aversi “associazione a delinquere” occorre che il vincolo associativo, l’“affectio societatis” siano relativi a una serie indeterminata di reati. Se questi sono tutti “strumentali” per un affare specifico con la Pubblica amministrazione, parlare di “associazione a delinquere” è, a dir poco, erroneo e allarmante.

Di tutta la vicenda e in particolare della posizione della Raggi, estranea ai reati, ma non agli aspetti squalificanti dell’imbroglio, il fatto più grave è proprio la giustificazione che la poveretta ha addotto: “Me lo hanno imposto”. È la logica della politica, della cattiva politica. Benedetto Croce scriveva che l’uomo politico “onesto” è quello che fa buona politica e buona amministrazione e governa bene. Non rifarò il discorso del “partito degli onesti”. Ma aggiungerò che la cultura “telematica”, la negazione della necessità delle professionalità della politica e della Pubblica amministrazione, mentre sono espressioni di cattiva (e ipocrita) politica, sono fornite di disonestà, di corruzione. Detto tutto questo non posso certamente farmi delle illusioni. Spero che gli altri possano vedere qualcosa di meglio. E sappiano farlo.

E intanto aggiungo alle considerazioni di Giuliano Ferrara e a quelle su quanto da lui sostenuto, dei giudizi sulle parti politiche per il loro essere e per il loro fare, che assai facilmente ci si trova di fronte a panorami non diversi e a dover emettere giudizi non diversi. In parola povere, anzi poverissime, ogni limone alla fine dà il succo che ha in sé oppure: non si cava il sangue dalle rape.

Aggiornato il 18 giugno 2018 alle ore 13:24